23 aprile 2020
Dopo il coronavirus ci sarà ancora la fede?
Messe interrotte, parroci e fedeli colpiti da multe per centinaia di euro. Siamo sicuri che tutto ciò sia legale?
Sembra che la fede sia prigioniera. Non dei Giudei che perseguitarono gli Apostoli ma di un virus. Un virus da cui dobbiamo difenderci standocene chiusi in casa. Anche i primi cristiani, come raccontano gli Atti degli Apostoli, se ne stavano in casa per timore dei Giudei. In casa a porte chiuse prima che esplodesse tra quelle quattro mura la luce della Pentecoste e la Chiesa diventasse missionaria. Allora uscirono, anche a costo della vita.
Sarà così anche per noi? Oggi si può rischiare la vita per la fede? Anche solo andando a Messa? Si dice: “Non è poi così urgente né indispensabile”, “Non è mica il pane”. Ma “Non di solo pane vive l’uomo”, ricordava Gesù al demonio tentatore. Dove la prudenza sconfina nella pusillanimità? La Chiesa, da sempre Madre e Maestra, da un lato protegge la salute dei suoi figli (salute che è un dono di Dio) ma dall’altro li spinge a vivere intensamente la fede. Ma cosa vuol dire oggi “vivere la fede” in questa circostanza?
È notizia dell’ultima ora. In Francia come da noi, ma forse in modo più virulento, ci sono state varie interruzioni della Messa da parte della polizia parigina. Le autorità religiose francesi e lo stesso Arcivescovo della capitale protestano e sottolineano che le forze dell’ordine, pur nel loro diritto, non devono interrompere la Messa ma rimanere all’esterno delle chiese. Infatti all’interno l’autorità è del Parroco. Cosa che non è rispettata nemmeno in Italia, dove da Nord a Sud alcuni casi simili si sono registrati.
A Sesto san Giovanni tre preti ortodossi e una quarantina di fedeli che celebravano la Pasqua sono stati interrotti e multati tutti, uno ad uno, con multe da centinaia di euro. Un sacerdote, nel piacentino, ha respinto l’intimazione a smettere di dire Messa di feonte ad una ventina di fedeli. In Abruzzo altri due casi. Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Ma soprattutto bisogna obbedire al buonsenso. Non siamo di fronte a controlli eccessivi su un organismo come la Chiesa che ha una sua giurisdizione “particolare” e una sua territorialità inviolabile?
Credo che in altri tempi in cui la fede era importante, un carabiniere o un vigile, davanti a una celebrazione eucaristica, si sarebbe per prima cosa inginocchiato (non si interrompe Dio che viene) e poi magari avrebbe fatto a malincuore, fuori dalla chiesa, il suo dovere. Sento più di una persona amica paventare una certa sottomissione della Chiesa alle autorità civili. Ma non è che il coronavirus sta mettendo in evidenza, come una cartina di tornasole, un certo anticlericalismo non tanto strisciante?
“È per la salute di tutti”, ci si giustifica. Ma c’è anche una salute dell’anima. Penso che molti credenti si sentano un po’ smarriti. Eppure i nostri fratelli ortodossi, che sono per storia passata molto più consenzienti di noi all’autorità civile, hanno provato a celebrare la Pasqua, anche se qualcuno li ha denunciati. Io invece, sempre per motivi di salute, ho chiamato per ben tre volte i carabinieri per le doppie file da “assembramento” all’Esselunga, ma i carabinieri hanno fatto finta di niente. Quando si toccano i consumi… Intoccabili. Due pesi e due misure.
In questi giorni la Chiesa ambrosiana sta chiedendo ai suoi fedeli consigli da portare al Prefetto sul come gestire la fase due del virus. Il Prefetto tratterà provvedimenti e misure con i Vescovi e poi li presenterà a un tavolo governativo. Ma prima non sarebbe bene sapere da parte nostra che cosa la Chiesa abbia pensato di fare, quali prospettive, quali priorità? Noi possiamo dare solo consigli pratici ma quale Pastorale ha in mente l’Arcivescovo? E dove punta la Chiesa italiana in questa svolta epocale? Forse ci vorrebbe addirittura un’enciclica su questo coronavirus.
Intanto noi cattolici facciamo un atto di fede nella Chiesa: una, santa, cattolica, apostolica e romana. E ringraziamo Papa Francesco di essere l’unica luce nel buio. Lo ringraziamo di quell’ostensorio piazzato tutte le mattine per dieci minuti, coraggiosamente, al centro dello schermo per l’adorazione dopo la Messa televisiva in santa Marta. Convertiamoci davanti a quel Pane, anche se lontano. Sperando, come San Tommaso, di poterl, prima o poi, presto toccare.
Intanto, forse è bene riflettere su quanto dichiarato dal cardinale Angelo Becciu: «Dev’essere difeso il principio che a nessuna autorità è consentito interrompere la Messa. Se il celebrante è reo di qualche infrazione, sia ripreso dopo, non durante!».