Blog - 07 giugno 2021
Giugno, un pugno di cilegie racconta...
Si dice che una ciliegia tiri l’altra. Così siamo arrivati a giugno, il mese delle ciliege. Ci sono quelle di ferrovia, quelle più nobili di Vignola e ci sono i duroni. Come le castagne in autunno, questi piccoli frutti rossi e polposi ci ricordano il rosario dei giorni e dei mesi che si sgranano e rincorrono veloci con i loro colori e sapori. Un rosario di giorni e stagioni corona l’anno civile e religioso. Giugno è incoronato di ciliegie. Come quella canzone: Io sono contadinella / alla campagna bella / se fossi una regina / sarei incoronata / ma sono contadina / mi tocca lavorar. / E cinquecento cavalieri con la testa insanguinata con la spada rovinata sai tu dirmi che cos’è. / E sono sono le ciliegie sono sono le ciliege sono sono le ciliegie che maturan nel giardin”. Da piccolo guardavo il grande albero di ciliegie nel giardino di mia nonna e mi chiedevo chi fosse quell’esercito di cavalieri lanciati al galoppo nell’aria e tra le foglie.
Le stagioni e la liturgia ci parlano a due voci. Quei cavalieri dalla testa insanguinata nel bel mezzo del mese di giugno ricordano una festa che si celebra il 24 giugno: la Natività del Battista. L’ultimo profeta dell’Antico Testamento e il primo del Nuovo, la cui testa volò insanguinata nel piatto della figlia della regina Salomè. La decollazione del Battista in realtà si celebra l’11 settembre ma le ciliegie, a metà dell’anno, anticipano il ricordo del suo martirio. Il suo sangue si confonde con il succo delle ciliegie. Mille teste di san Giovanni pendono dai rami del ciliegio e poi cadono nel piatto dove, spolpati fino al nocciolo, sono la gioia di grandi e piccoli. E come in autunno le castagne, raccolgono intorno a sé le persone, ne fanno comunità, famiglia.
Giugno è un pugno di ciliegie mature. Ma è anche un pugno di grano con le sue spighe d’oro come braccia tese tra cui spicca (o spiccava un tempo, prima dell’uso dei diserbanti) il rosso dei papaveri e il blu dei fiordalisi. Una tavolozza unica per bellezza e significato Questi tre colori richiamano la Trinità, che si festeggia a ridosso di giugno, il 30 maggio, quando l’anno liturgico e quello solare sono al culmine del loro percorso. Rosso, blu e oro, Così erano i campi di grano della mia fanciullezza, sfiorati dal vento e dai raggi della bicicletta che correva veloce tra il campo di grano e la roggia alberata. Allora non esistevano mountain bike e la bicicletta era quella del nonno o dello zio, troppo alta per un bambino e che richiedeva un balzo per salirci sopra e uno per scendere.
Nel campo di grano si contempla il mistero della santissima Trinità, ma questo l’ho scoperto molti anni dopo. Come ha scritto un sacerdote-poeta, Giovanni Costantini, l’anima si perde “Nei blu di Santa Trinità”. Non è estetismo. Le stagioni ci guidano a Dio attraverso il linguaggio della natura, così come faceva Gesù con i suoi discepoli. Le stagioni, un tempo governate da divinità pagane, sono state benedette come messaggere della nuova liturgia cristiana. Non c’è mese che non si richiami a qualche verità di fede, che non si leghi a qualche storia di santo come Benedetto in primavera o Martino in autunno. Giugno poi è il mese del sangue. Del Corpus Domini e del Sacro Cuore.
L’azzurro dei fiordalisi è il mistero impenetrabile di Dio Padre, seduto a destra nell’icona della Trinità (1). A sinistra siede lo Spirito, sempre vestito di azzurro, ma coperto di un mantello violetto che richiama il colore delicato di tanti fiori, ma soprattutto il mistero impenetrabile e indefinito della Sua presenza. Al centro Cristo con la veste scura, rosso porpora, come il sangue del Battista e come la polpa delle ciliegie. La manica è attraversata da una fascia d’oro come il sole che attraversa un campo di grano. Il mantello di Gesù è di un blu intenso che scende dalla spalla sinistra come una fragorosa cascata. Le nevi si sciolgono. Tutto ricomincia e si rinnova.
1 Mi riferisco all’icona della Trinità di Rublev