Famiglia Cristiana n° 06 - febbraio 2008

INCHIESTA SUL VOLTO DI GESù

Il nuovo libro di Flavio Caroli, Il volto di Gesù, ci aiuta a riflettere all'inizio della Quaresima sull'Uomo dei dolori e sul Risorto. A confronto il prof. Paolucci, mons. Verdon e un testo di Ratzinger.

-E voi chi dite che io sia?" Questa domanda, che Gesù rivolge ai suoi Apostoli prima della Passione, si ripete infinite volte negli sguardi con cui Cristo ci guarda e ci interroga attraverso l'arte di tutti i tempi. Ripetendo a ciascuno di noi - particolarmente in questo inizio di Quaresima - la domanda: -E voi chi dite che io sia?".

Così, nel secolo scorso, il Cristo di Gauguin, Chagall, Rouault, Wharol, Picasso; e così, andando a ritroso nel tempo, il Cristo di Guido Reni, El Greco, Tintoretto, Tiepolo, Grunenwald, Caravaggio, Raffaello, Mantegna, Piero della Francesca, Donatello, Duccio da Boninsegna, Giotto. Artisti quasi apostoli (a volte involontari) di icone sacre e profane, artefici di quell'unico Volto che ogni uomo e ogni epoca ha sempre cercato di interpretare con la sua fede e i suoi dubbi.

Icone protagoniste del nuovo libro Il volto di Gesù (Mondadori, 17 euro) di Flavio Caroli, storico dell'arte e docente al Politecnico di Milano, che ci racconta l'evolversi dell'immagine di Cristo nell'arte europea, dalle catacombe al Gesù di Pasolini e Zeffirelli. Attento studioso del volto umano (la fisiognomica, di cui fu maestro Leonardo da Vinci), Flavio Caroli riflette sul come e sul perché gli artisti e gli intellettuali del tempo hanno interpretato l'immagine del Figlio di Dio. Fino a identificarsi, in epoca moderna, col suo volto sofferente, addirittura autoritraendosi al suo posto; così come ha fatto, per esempio, Paul Gauguin nel suo Cristo nell'orto degli ulivi. Un Cristo- fratello, accanto a cui rivivere il proprio dramma interiore in una vicinanza psicologica.

Nella nostra piccola inchiesta abbiamo domandato al direttore dei Musei vaticani, il professore Antonio Paolucci, qual è secondo lui l'immagine di Cristo che maggiormente interpella l'uomo contemporaneo. -è certamente l'Uomo dei dolori, l'Ecce Homo, il Cristo flagellato alla colonna; dopo Hiroshima, Dakau e Treblinka, dopo l'esperienza terribile dei lager nazisti e dei gulag sovietici, non c'è immagine che riveli meglio all'uomo la sua essenza".

Ma, qualche istante prima della flagellazione, lo scettico Pilato aveva chiesto a Gesù: -Cos'è la verità?". Attraverso l'Ecce Homo di Honoré Daumier la domanda risuona drammatica nel cuore di un Occidente oggi altrettanto scettico, che dubita sulla possibilità stessa che esista una verità.

Eppure, sottolinea Caroli, nei primi secoli del cristianesimo -nell'impero romano d'Occidente l'arte persegue e prosegue una via figurativa di verità, anche nella rappresentazione di Gesù". è questa ricerca della verità ad avere spinto l'arte occidentale sulla strada del realismo, allontanandola dalle astratte rappresentazioni dell'arte bizantina, dove Cristo è incombente e regale, ma lontano.

Rappresentazione del suo dolore

A riflettere sul tema abbiamo conivolto lo storico dell'arte monsignor Timothy Verdon, docente alla Stanford University e autore di Cristo nell'arte europea (Electa 2006): -Se ogni epoca artistica esprime un aspetto particolare della fede nel Dio fatto uomo, rispetto allo stupore e al terrore che incutevano le immagini del Cristo bizantino l'arte occidentale si apre all'umanità di Cristo e alla rappresentazione partecipata del suo dolore. Nel crocifisso medioevale del Maestro di san Francesco conservato al Museo Nazionale di Perugia, e che porta sul retro proprio il Cristo flagellato alla colonna, il volto sofferente di Gesù ci dice: "Vedi cosa sono disposto a fare per te?"".

Ma c'è un'altra domanda che sorge spontanea leggendo il libro di Caroli: qual è il vero volto di questo Gesù, visto che ogni artista di ogni epoca lo ha immaginato e rappresentato in modi diversi? Caroli cita i maggiori studiosi di fisiognomica per arrivare poi alla conclusione che non esista una "filiera" sicura di immagini di Cristo e che, nonostante il riferimento classico alla Sindone e alla Veronica, ogni soluzione è insoddisfacente.

Alla notizia si resta un po' perplessi: ma come, e il Volto Santo della Sindone non è stato di riferimento per i pittori? Sulla'argomento - a sorpresa - ci aiuta un testo dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, che nella sua Introduzione allo spirito della liturgia (San Paolo, 2001) scrive: "L'icona di Cristo (la "vera icona", ndr.) è l'icona del Risorto". Di conseguenza "nessuna delle immagini antiche cerca di trasmetterci un'immagine-ritratto di Gesù". Non è dunque un problema di colore degli occhi o dei capelli, né un problema di fisiognomica. è un problema di sguardo, del nostro sguardo: come sappiamo guardare al volto di Gesù? Se ci manca lo sguardo della fede, siamo come i discepoli di Emmaus che non riconobbero nei tratti di quel pellegrino il volto del Signore risorto. Conclude Ratzinger "Se nell'uomo non accade un'apertura interiore, che vede più di ciò che è misurabile e ponderabile, che percepisce lo splendore del divino nella creazione, allora Dio resta escluso dal campo visivo".

Ogni epoca dunque ci ha tramandato un pezzetto di verità sul Volto di Cristo. Ed è estremamente interessante, nel libro di Caroli, seguire l'evolversi delle varie interpretazioni di quel Volto, dal realismo nordico e straziante di Grunenwald alle più moderne correnti dell'espressionismo di Rouault e del simbolismo di Gaugin.

Osserva acutamente l'autore nell'ultimo capitolo del suo libro, riferendosi alla situazione attuale: "La religione cristiana, per l'arte, torna a essere un colossale problema privato". Cosi mentre nel Rinascimento, pur coi suoi limiti, "l'uomo d'Occidente colloca sé stesso al centro dello spazio", il destino dell'uomo contemporano è purtroppo quello della solitudine: e "nella solitudine, una speranza di salvezza, o almeno di poesia".

Ma come si può vivere così? Almeno, nel Rinascimento, con tutti i suoi limiti "pagani", si vedeva in Gesù " un Uomo e un Eroe", come scrive Flavio Caroli.

Il professor Paolucci confronta due immagini: -Il Risorto di Piero della Francesca nel musei di Sansepolcro è il Signore del tempo e delle stagioni: sul fondo l'inverno si trasfigura in primavera, gli alberi da una parte sono secchi e senza foglie e dall'altra sono verdi. è un'idea molto terrena e panteistica della resurrezione. Il Cristo che amo di più è invece quello della Trasfigurazione di Raffaello dei Musei Vaticani, che si rivela vero uomo e vero Dio".

E oggi, per incontrare il volto di Cristo Risorto nell'arte contemporanea, a chi dobbiamo guardare? Risponde monsignor Verdon: -Nell'arte contemporanea l'enfatizzazione spesso eccessiva del volto sfigurato dell'Uomo dei dolori rischia di ridursi a una banale autoanalisi. Ma c'è una novità nell'opera di un artista, Giuliano Vangi, che riesce cogliere l'interezza del mistero di Cristo".

E tutto diventa più semplice

-Nel suo grande crocifisso in argento e nichel realizzato per il presbiterio della cattedrale di Padova il volto di Cristo è già quello del Risorto che, con coraggio e fede sicura guarda verso il Padre. I grandi occhi blu spalancati, i capelli mossi dal vento, il volto nel suo insieme esprimono una condizione nuova, lontana dalla sofferenza e dal peccato. è il volto di chi è passato attraverso la morte e ha vinto".

Ci auguriamo dunque di incontrarlo anche noi il Risorto, come suggerisce il regista Andrei Tarkovskij in una delle sue frasi più celebri: "Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più. E d'un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno - uno sguardo umano - ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice".