Famiglia Cristiana n° 10 - marzo 2010
SPECIALE MOSTRE
DA DE CHIRICO A MAGRITTE VIAGGIO VERSO L'INVISIBILE
Agli inizi del '900 prevale l'esigenza di guardare oltre la realtà. Così le piazze dell'italiano diventano pure visioni, mentre altri artisti imboccheranno vie diverse.
La crisi del sacro e del trascendente ha generato nell'arte una reazione psicologica che ha spinto, agli inizi del Novecento, i dieci artisti rappresentati a Palazzo Strozzi a guardare oltre la realtà visibile, alla ricerca di una nuova fisica "oltre" la fisica. L'inventore della pittura metafisica, Giorgio de Chirico (1888-1978) ebbe a Firenze la sua prima esperienza in questo senso. All'improvviso le statue, gli edifici e tutto ciò che lo circondava gli si rivelarono in una visione trasfigurata che genererà poi la fortunata serie delle sue piazze italiane: in mostra L'enigma dell'arrivo e del pomeriggio (1911-1912), La torre (1913), La nostalgia dell'infinito (1912) e Paesaggio romano (1922).
Si accostano a de Chirico per poi prendere altre strade due grandi pittori: Carlo Carrà (1881-1966) e Giorgio Morandi (1890-1964). Il primo, dopo la fase metafisica, scopre una sua dimensione spirituale lontana dal nichilismo del maestro. Il secondo, partendo dalla fissità inanimata degli oggetti del maestro italiano, li trasforma in materia pittorica viva nel miracolo della luce.
Nichilismo, senso di estraneità, angoscia metafisica, rovesciamento, solitudine, attesa attraversano le piazze di De Chirico con le loro ombre proiettate sulle mura di antiche rovine. Alla vigilia della prima guerra mondiale il mondo tace. Non sa più parlare all'artista.
Anche Max Ernst (1891-1976) si accosta a De Chirico, ma poi rompe il suo silenzio metafisico attraverso la rappresentazione dell'istintività, dell'inconscio, del sogno.
René Magritte (1898-1976) resta folgorato dal De Chirico di Canto d'amore e ricorda così l'incontro con quel dipinto: "è la rottura completa con le abitudini mentali degli artisti prigionieri del talento, del virtuosismo e di tutti i piccoli trucchi estetici. Si tratta di una visione nuova, dove lo spettatore trova il suo isolamento e ascolta il silenzio del mondo".
Magritte nel 1927 va a Parigi, incontra André Breton e aderisce come Max Ernst al surrealismo. Si può confrontare La condizione umana (1933) di Magritte con Loplop presenta: la bella stagione (1930) di Ernst: l'arte si ripiega su sé stessa, il mondo è insicuro e carico di insidie per l'occhio che viene continuamente tradito. La pittura di Magritte si rivela un gioco di equivoci, divertente finché si vuole, ma drammatico e ambiguo: non si afferra più la realtà che sfugge. E Magritte dimostra questo con la lucidità di un teorema matematico.
Il "viaggio verso l'invisibile" - che potrebbe essere l'altro titolo di questa mostra - si trasforma sempre più in un viaggio verso l'ignoto. Oltre le colonne d'Ercole. Sedotti dal canto delle sirene del pittore di origini polacche Balthus (1908-2001) con la sua Ragazza che dorme (1943) i suoi Bambini al Jardin du Luxembourg (1925) e il Passage de Commerce-Saint-André (1952-1954). Oppure ingannati dalla musicalità delle opere di Alberto Savino, fratello di De Chirico, che prosegue un suo percorso singolare, portando alla luce, in una calda visionarietà e con ironia, l'elemento dell'ignoto e dell'insolito. è il Savino di L'isola degli incantesimi (1928), Sodoma (1929), La nave perduta (1928).
De Chirico, Max Ernst, Magritte, Balthus. Uno sguardo nell'invisibile
Firenze, Palazzo Strozzi
26 febbraio 2010 / 18 luglio 2010
www.palazzostrozzi.it