Famiglia Cristiana n° 17 - aprile 2007
"IL MERAVIGLIOSO E LA GLORIA" A BASSANO DEL GRAPPA
CORPO A CORPO CON IL MISTERO
"Alla divinità s'ascende per la natura", scriveva Giordano Bruno. Questo fu lo spirito del Seicento, a partire dall'arte.
Straordinario Seicento. Nell'applicare il metodo sperimentale nella ricerca scientifica; e, per contro, nel ricercare e perseguire, nell'arte e nella poesia, le vette del meraviglioso e del sublime. Partendo dalla fisicità, dai sensi e dalle realtà terrene. Come evidenzia la bella mostra di Bassano del Grappa Il Meraviglioso e la Gloria. Grandi Maestri del Seicento in Europa, aperta fino al 10 giugno a Palazzo Bonaguro (catalogo Skira).
L'arte di quel periodo, infatti, diventa "moderna" proprio per la sua straordinaria capacità di coniugare la "carne" e lo "spirito". Sostenuta in questo dalla filosofia e dalla scienza. Già alla fine del Cinquecento Giordano Bruno, filosofo e studioso copernicano, scriveva: "Alla divinità s'ascende per la natura... per la via rilucente delle cose naturali si monta alla vita che soprassede a quelle". E gli faceva eco il suo contemporaneo, Galileo Galilei: "Tra le sicure maniere per conseguire la verità è l'anteporre l'esperienza a qualsivoglia discorso... non sendo possibile che una sensata esperienza sia contraria al vero".
Così l'arte religiosa del Seicento, partendo dall'estremo realismo di Caravaggio (che chiude il Cinquecento e apre il nuovo secolo) sale alle vette delle visioni del Paradiso. I capolavori esposti a Bassano metteno a tema visioni, estasi, stimmate e "transiti" dalla terra al cielo di anime sante, senza contraddire però la concretezza della poetica caravaggesca. A volte con estrema naturalezza, come con il pittore Cigoli nel suo San Francesco in preghiera proveniente dall'Ermitage: l'"innamorato" di Dio è saldamentente appoggiato - quasi ancorato - a un grosso masso; intorno a lui le ombre grevi di un fitto bosco, mentre sullo sfondo intenerisce l'azzurro delle montagne e di un cielo senza angeli, marezzato di nuvole; parlando così dell'infinita nostalgia di cielo dell'uomo-Francesco, che però contempla a terra il Crocifisso.
Il San Matteo di Guido Reni proveniente dai Musei Vaticani è un vecchio dai candidi capelli bianchi e arruffati che, anziché guardare in alto, si china su un angelo-fanciullo che, con gioco concretissimo di dita, enumerare e detta i fatti, gli episodi che l'evangelista dovrà trascivere. Certo la "visione" può sconvolgere i sensi e riversare all'indietro i corpi dei mistici, abbandonandoli nel deliquio; così nella sensualissima estasi della Beata Ludovica Albertoni, terracotta di Gian Lorenzo Bernini proveniente dell'Ermitage, dove la santa si preme le mani sul petto in affanno; per giungere alla straordinaria icona di Maddalena in estasi dello stesso Caravaggio, abbandonata e discinta, le pupille all'indietro, la bocca socchiusa e le dita intrecciate. Un fiore di bianca purezza che esce dal rosso bocciolo di un'antico e mai sopito slancio di passione.
Nella tela Il riposo durante la fuga in Egitto di Federico Barocci con un passo indietro si cambia registro: permane il Manierismo della seconda metà del Cinquecento nei colori accesi degli incarnati e delle vesti, nello stupore tutto terrestre dell'intrecciarsi del triangolo familiare: Giuseppe allunga un ramo di ciliegie al giocoso ridente Bambinello, che a sua volta posa le ciliegie in grembo alla Madre, accovacciata a raccogliere acqua: i lembi delle sue vesti preziose sulla terra scura sono di un blu elettrico, di un rosa acceso e di un caldo oro; colori innaturali come i riflessi azzurri e viola sulla pelle del Bambino; o il rosso acceso e l'arancio del mantello di Giuseppe; sullo sfondo un cielo verde acqua fiorisce nel giallo limone di un sole diffuso, che dice la lontananza della presenza divina, riflessa però nei colori cangianti sui corpi, in primo piano.
La visione come lotta fisica
Certo, in altri casi, i cieli che si aprono rivelano voli di angeli a incoronare Madonne appoggiate a cuscini di nuvole. Il Risorto trionfa come un guerriero, armato solo della croce, nelle visioni di san Francesco di Sales, di sant'Ignazio di Loyola, di san Camillo de Lellis. La visione può diventare lotta fisica, come nella tormentata torsione del San Gerolamo di Johann Liss (Vicenza, Musei civici), il capo rovesciato in uno sguardo impossibile verso una gloria che il pittore nasconde nell'ombra di nuvole terrose e angeli ombrosi.
Gli angeli a volte sorreggono i corpi dei mistici abbandonati nell'estasi; come il ragazzo alato che regge il capo di san Francesco steso a terra, spossato dopo aver ricevuto le stimmate (nel suggestivo Caravaggio proveniente da Udine); altre volte è il corpo stesso di Cristo adagiato sul sepolcro, come nel Cristo morto sorretto da un angelo di Fra Semplice da Verona. Ritratti a mezzo busto rivelano sguardi elevati a cieli fuoricampo come in San Rocco di Pittoni, San Carlo Borromeo di Borgianni, San Gaetano da Thiene di Piazzetta. Il volto di Santa Caterina da Siena stigmatizzata di Francesco Cairo è indagato in primissimo piano: le palme aperte e ferite come due fiamme a circondare un invisibile globo di calore, gli occhi e le labbra dischiuse.
Le cose terrene si allontanano
Spirali di angeli si svolgono dal corpo esangue nel Transito di Santa Scolastica di Gregorio de Ferrari dove l'invisibile anima della santa, avvolta da un vento spirituale, transita verso il cielo abbandonando le realtà terrene: la seggiola, la brocca, il libro, un panno, un avvizzito frutto di melograno
A volte questi "corpo a corpo" con il Mistero assumono la forma di mistiche nozze: quelle della Vergine con Cristo nella bellissima Assunta di Rubens (del 1611, sempre dall'Ermitage) in cui il Figlio incorona la Madre con un diadema d'oro. L'allegoria della Carità in una terrracotta di Ludovisi in cui la donna, mentre allata un vecchio, si volge altrove: per istintivo pudore, o forse anche per indicare che il suo gesto è a servizio di un'Altro, l'Invisibile, l'Amato, l'Oltre che la chiama. A dire che la Carità non ha limiti di sesso o di età.
A indicare che l'estasi, quando è autentica, non fa a meno del linguaggio del corpo, scala per salire. "Cristo", come ha detto Benedetto XVI in piazza san Pietro il 24 marzo 2007, "non ci salva a dispetto della nostra umanità, ma attraverso di essa".