Famiglia Cristiana n° 20 - maggio 2007

IL PROF. CHE SPIEGA GIOTTO AI RAGAZZINI

EDUCARE I GIOVANI ALLA BELLEZZA, ALL'INFINITO E ALLA FEDE

Roberto Filippetti, insegnante di scuola superiore, lo fa con mostre didattiche itineranti. E dice: "I ragazzi? Si catturano così...".

Il suo "cavallo di san Francesco" è un'Audi 100 Variant con cui ha accumulato 200.000 chilometri in meno di due anni; e da cui esce solo dopo aver scrupolosamente programmato sul navigatore la prossima meta. Stamattina è stato a Parma, stasera sarà sul lago Maggiore. Il vano bagagli è ingombro dei suoi libri: Il Vangelo secondo Giotto, San Francesco secondo Giotto, Caravaggio, l'urlo e la luce (Itaca libri); titoli che sono anche i temi delle mostre didattiche itineranti che Roberto Filippetti (insegnante di scuola media superiore con la passione per l'arte, la poesia, l'origine e il significato delle parole) porta in giro per l'Italia. Mostre che riproducono fedelmente in scala ridotta, con pannelli rimovibili, l'intero ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni (Padova) di Giotto. O le storie di san Francesco della basilica superiore di Assisi. Capolavori fotografati ad altissima definizione dopo il restauro, così che Filippetti può leggere nel dettaglio, sotto gli occhi sgranati dei presenti, questi "libri murali" che il nostro grande passato ci ha lasciato in eredità. Una lettura esistenziale, fatta di commenti arguti e profondi che coinvolgono l'uditore, lo interrogano e lo fanno sentire protagonista di una storia: quella della salvezza cristiana.
La sua prima mostra su Giotto al Meeting di Rimini ha avuto più di 100.000 visitatori, tra cui numerosi ministri e vescovi; al Congresso eucaristico di Bari del 2005 viene apprezzato dai vescovi Tettamanzi, Betori, Marini e Caffarra. Così viene chiamato nelle varie diocesi, dove tiene affollatissime lezioni a catechisti e insegnanti; ma anche ai bambini nelle scuole, al personale docente e sanitario negli ospedali, agli universitari e ai corsi per la terza età. In cinque anni tiene oltre 300 incontri in Italia; senza contare i viaggi all'estero, in Europa e in America del Sud (Paraguay e Perù). Filippetti collabora anche con il servizio formazione permanente dell'università Cattolica di Milano e con l'associazione Diesse (Didattica e innovazione scolastica). La sua vita si divide tra l'insegnamento tradizionale (a Lugagnano, provincia di Verona, dove vive con la moglie e i figli adottivi, Riccardo e Giacomo) e questa forma particolare di "insegnamento itinerante".
- Professor Filippetti, come si definisce un uomo come lei sempre in viaggio e da dove nasce il suo carisma?
"Mi considero homo viator come il mio amato poeta Ungaretti; oppure un romeo perché abito a vicino alla via Romea; o ancora zingaro e pellegrino della bellezza, chierico vagante coi potenti mezzi d'oggi. Il mio carisma? L'incontro a 19 anni con il fascino della compagnia di don Giussani che mi ha cambiato la vita molto più del navigatore satellitare. Il buon Dio mi ha concesso il talento di comunicare in modo affascinante ciò che prima di tutto ha affascinato me stesso. Attraverso un metodo che ho imparato: immedesimarmi nell'epoca, nella mentalità e nello sguardo che hanno generato questa o quell'opera d'arte.
Fare parlare le opere di Giotto o di Caravaggio secondo la storia e la Tradizione in cui questi artisti sono nati.
Per esempio, il Duecento di Giotto, di san Francesco, degli ordini mendicanti che hanno voluto le loro chiese a una sola navata per facilitare la predicazione al popolo. Le pareti sono diventate "Bibbie dei poveri", libri aperti che raccontano in modo semplice il Vangelo".
- Come coinvolge i giovani?
"La comunicazione. per essere efficace deve essere felix, felice, gustosa innanzitutto per me, saporosa per me (sàpere) e quindi gustosa e affascinante per loro; deve suscitare interesse: inter-essere, cioè esserci dentro, immedesimarsi. Io mi immedesimo in queste opere e le comunico dal punto di vista dell'autore; essendo unico il cuore dell'uomo, queste opere corrispondono all'attesa del cuore di tutti; attesa di felicità a cui nessuna odierna opera arte-fatta può rispondere. Sulla scia del film Il gladiatore, mi piace giocarmi nell'arena della scuola, non per selezionate platee di intellettuali, ma alla quinta e sesta ora del sabato, all'Itis di Carate Brianza. Lezione su Leopardi: nei primi cinque minuti sembra che ti divorino; poi li conquisti e proprio quello lì, con i capelli lunghi e il piercing, all'una e venti ti ringrazia. Perché il cuore dell'uomo è lo stesso dalla Lapponia alla terra del Fuoco, dall'Atlantico al Pacifico. Mi hanno chiamato il sindaco di Limbiate di Centrodestra e poi subito dopo l'assessore della vicina Solaro, di Centrosinistra: una lezione per i bambini dura due ore; nell'intervallo solo gli extracomunitari non vanno a giocare, restano lì fermi a guardare... e Giotto diventa per loro la prima occasione di incontro con la nostra Tradizione. La partita si gioca nei primi cinque minuti: lì o ci sei o ci fai, ma sei ci sei e li interessi loro rispondono. A volte parto da una canzonetta che ho inventato e che finisce così: "Il padre è solo un uomo, scegli il migliore, seguilo e impara!"
- Si spieghi meglio...
"La questione del padre oggi è decisiva; lo è stata per Leopardi, Svevo e Kafka; e per i tanti orfani della letteratura come Foscolo, Pascoli e Ungaretti. Oggi i ragazzi sono orfani perché, anche se un papà ce l'hanno, spesso è come se non esistesse. Per diventare grandi, invece, bisogna avere qualcuno a cui dare del "tu"; cerco di essere per loro un padre che non fa prediche, ma che canta loro quella vecchia canzonetta...".
- Il "brutto" è l'altra faccia del pianeta-giovani: come si educa alla bellezza? E in Caravaggio la bruttezza e il male cosa rappresentano?
"Nella sinagoga ebraica come nell'arte medioevale o barocca non abbiamo la simmetria e la perfezione rinascimentale; la dismisura e la deformità ci ricordano che nel mondo c'è il peccato originale. Prenda la mela bacata in primo piano nella Canestra di frutta di Caravaggio: 12 frutti e uno sfondo radioso ci dice che "quei Dodici" con Giuda siamo ciascuno di noi col nostro male; quella mela sei tu con il tuo grido: l'urlo e la luce in Caravaggio, io con il mio dramma, con la mia miseria; e, nonostante tutto, questo talento tra le mani. Caravaggio si autoritrae con la lampada nella Cattura nell'orto, ed è il gesto di chi tiene in mano il pennello; sono io che faccio il male, che tiro fuori la spada. Caravaggio ci dice: il male ce l'ho addosso ma non mi ha fermato, il talento che ho è più grande del male. Nei compiti ho adottato la penna verde accanto alla rossa per sottolineare le cose belle che i miei ragazzi scrivono.ll verde è lo sguardo valorizzatore".
- Come l'arte e la bellezza hanno a che fare con l'infinito?
"Guardando la volta della Cappella degli Scrovegni trapunta di stelle spiego la parola desiderio: de-sidero, cioè "mi mancano" le stelle; se il mondo spegnesse in noi il desiderio sarebbe un dis-astro: è l'inferno di Dante, l'aere senza stelle, pieno di disperazione. La prima condizione per comunicare è che il bicchiere, cioè l'attenzione di chi ascolta, sia rivolto in alto, verso "qualcosa": allora con-verso. Ma se il bicchiere invece è rivolto all'ingiù la comunicazione non è possibile. Il bicchiere è la nostra anima che non ha la capacità di un decilitro, ma dell'infinito! Sono quelle stelle lassù, a otto punte, dipinte da Giotto sulla volta degli Scrovegni; sono il sole e la luna che annunciano il compimento del desiderio; e i quattro profeti attorno a Maria che dicono: "Ecco, la Vergine concepirà un Figlio"; e sulle pareti, ecco, vediamo l'Annunciazione, il Natale, il Giudizio e la Gloria.
In ogni paese o città ritrovo sempre nella chiesa locale la simbologia e i numeri di Giotto (per esempio il numero 12, che si ripete nelle colonne e nei rosoni) e li indico alla gente, così incomincia ad accorgersi che tutto aiuta a vivere l'obbedienza a quei "Dodici" che ci segnano la strada. Perché l'obbedienza è ancora una virtù".