Famiglia Cristiana n° 23 - giugno 2006
COLLANA ARTE E FEDE NEI LUOGHI DELLO SPIRITO
OTTAVO VOLUME: IL LAZIO
VIAGGIO ALLE FONTI BENEDETTINE
Subiaco, Santa Scolastica, Montecassino: qui Benedetto, patrono d'Europa, fondò il monachesimo occidentale.
Abbiamo chiesto a S.E. Bernardo D'Onorio, abate e vescovo di Montecassino, di accompagnarci nei luoghi dove nacque il monachesimo benedettino.
- Padre abate, possiamo partire dal piccolo, suggestivo Sacro Speco di Subiaco?
"è la vera "Betlemme" del monachesimo e porta il nome di "Sacro Speco" perché, venendo da Roma, il giovane Benedetto, intorno all'anno 500, si ritirò qui in una grotta, o "speco", per iniziare una vita ascetica ed eremitica. La sua santità e i suoi miracoli richiamarono gli abitanti della zona e intorno a lui si formò il primo nucleo di discepoli. Dalla concezione eremitica si passò all'organizzazione monastica cenobitica e lo stesso san Benedetto, prima di lasciare Subiaco per Montecassino, fondò ben 12 monasteri. Subiaco è un vero scrigno di affreschi che raccontano gli episodi evangelici e la vita taumaturgica di Benedetto. Tra le immagini troviamo il più antico ritratto di san Francesco, che venne a Subiaco verso il 1224 e volle ripetere il gesto eroico di Benedetto di gettarsi, per spirito di penitenza, su un rovo di spine dal quale poi sbocciarono rose".
- Ci parli dell'abbazia di Farfa, in Sabina, alle falde del monte Martino...
"Fondata nel 680, conserva ancora l'antica bellezza della sua splendida basilica, del campanile carolingio e del torrione difensivo. Il paesaggio è molto suggestivo, con le cime del monte Tancia (m 1.282) e del monte Pizzuto ( m 1.287). Secondo un'antica tradizione, il monaco Tommaso da Morienna verso la fine del sec. VII, dopo un pellegrinaggio in Terra Santa, si fermò qui in Sabina, dove la Vergine Maria gli apparve in sogno e gli indicò il luogo della fondazione. Non tardarono donazioni di terreni e fabbricati, e tutto il patrimonio venne chiamato Res Sanctae Mariae. Carlo Magno pose sotto la sua protezione il monastero e gli concesse doni e privilegi. Nel IX secolo la potenza di Farfa raggiunse la sua massima espansione, dalla Sabina alla Valle padana. Dopo le invasioni barbariche e il declino, Farfa si riprese grazie all'intervento di Odilone, abate di Cluny. Nel 1492 la famiglia degli Orsini ricostruì a tre navate la basilica, che fu consacrata nel 1496. Il soffitto a cassettoni fu ricoperto con il primo oro riportato dall'America. Farfa è famosa anche per le sue fiere internazionali che si tenevano due volte all'anno, in aprile e a settembre. Ancora oggi, intorno al complesso del monastero ci sono costruzioni dell'antico borgo, con la facciata delle varie botteghe. Il beato cardinale Ildefonso Schuster, benedettino e frequentatore di Farfa, ha contribuito alla gloriosa storia del monastero con importanti studi e pubblicazioni".
- Ci trasferiamo ora sul mare, presso Gaeta, al santuario della Montagna Spaccata, dedicato alla SS. Trinità...
"Si tratta di una sporgenza montuosa che forma una piccola penisola dagli alti costoloni, emergenti all'improvviso dal mare. Su queste pareti a strapiombo si aprono tre fenditure: la prima è la "grotta del turco", la seconda quella del santuario propriamente detto, la terza viene chiamata "del belvedere", e da qui lo sguardo spazia fino a Ischia e Capri. In queste fenditure e su antichi resti di strutture romane i monaci si insediarono prima come eremiti e poi in cenobio. Siamo intorno all'anno Mille e l'abate di Montecassino volle dedicare il santuario alla SS. Trinità forse proprio per il richiamo di quelle tre fenditure. Il luogo fu visitato da san Filippo Neri e lo stesso papa Pio IX, durante il suo esilio a Gaeta, venne qui più volte. Anche lo scrittore Miguel Cervantes nel suo Don Chisciotte ricorda il santuario della SS. Trinità della Montagna Spaccata, "fiore, cima e vanto dei cavalieri erranti"".
- E siamo a Montecassino, ultima e più importante tappa di questo pellegrinaggio alle origini del monachesimo benedettino...
"Questo venerando luogo di fede e di cultura, meta di oltre un milione di pellegrini l'anno, sorge a 510 metri sul livello del mare ed è un punto strategico, crocevia di importanti snodi stradali e ferroviari. Per questo fu per quattro volte bombardato, distrutto e ricostruito. Il suo motto è succisa virescit: benché schiantata, risorge. Il primo nucleo del monastero risale ai tempi di san Benedetto, che da Subiaco venne fin quassù verso il 529. Al visitatore e al pellegrino il complesso di Montecassino appare un unicum che incanta e solleva lo spirito prima ancora degli occhi. Da qui il detto popolare: "Chi Montecassino non vede, paradiso non crede!"".
- Montecassino subì dunque quattro distruzioni e ricostruzioni?
"Sì. La più tremenda è stata l'ultima, quella del 15 febbraio 1944, quando sul monastero si riversarono tonnellate e tonnellate di bombe. Questo centro millenario di spiritualità, scrigno prezioso di cultura e arte, venne ridotto in poche ore a un cumulo di rovine. La ricostruzione iniziò solo un anno dopo, secondo il programma voluto dall'abate del tempo, Ildefonso Rea: "Dove era e come era", e nel 1964 poteva dirsi già completata. Paolo VI consacrò la nuova basilica che custodisce le spoglie dei santi Benedetto e Scolastica, proclamando Benedetto patrono d'Europa. Quasi tutto il preziosissimo patrimonio di stampe e manoscritti poté essere salvato. Nonostante il notevole afflusso di pellegrini e visitatori non si sono costruiti alberghi o ristoranti e si è voluto conservare intorno al monastero la sua primitiva bellezza e severità. Così chi viene a Montecassino è aiutato ad avere l'ansia di incontrare il Signore e il desiderio di contemplare le cose belle, che diventino per lui l'anticamera del paradiso".