Famiglia Cristiana n° 32 - agosto 2005

INTERVISTA ALLO SCRITTORE EUGENIO CORTI

CATONE L'ANTICO COSì MODERNO

L'ultimo libro "per immagini" di Eugenio Corti ripropone il tema del confronto tra civiltà.

Incontrare Eugenio Corti (scrittore apprezzatissimo all'estero, soprattutto in Francia, e vincitore nel 2000 del premio internazionale al merito della cultura cattolica) è incontrare la lucida testimonianza di un uomo che la storia l'ha vissuta sul campo. Nei suoi romanzi e nei saggi c'è tutto il senso e l'insegnamento del secolo appena trascorso: dalla tragica ritirata di Russia da cui miracolosamente scampò (I più non ritornano) alle lotte di liberazione nazionale cui partecipò (Gli ultimi soldati del re); poi il '68 e gli anni '70 con la campagna contro il divorzio che lo vide protagonista nella campagna in difesa della famiglia. Tutti questi temi si ritrovano nel suo romanzo-capolavoro, Il cavallo rosso, saga familiare e sociale della Brianza cattolica.
"Tra i numerosi lettori che mi vengono a trovare ci sono giovani che raccontano di essersi sposati dopo avere letto le vicende dei protagonisti del Cavallo rosso" attacca subito Corti, che abbiamo raggiunto a Besana Brianza per parlare del suo nuovo romanzo, Catone l'antico.

- Perchè un autore e saggista di storia contemporanea come lei è andato così indietro nel tempo?
"Catone l'antico conclude la mia trilogia di romanzi "per immagini". Ciò che mi interessa è parlare all'uomo d'oggi affrontando il presente e i suoi problemi. E lo faccio interrogando la storia. Così nel romanzo La terra dell'indio, viaggio nelle reduciones dei gesuiti in Paraguay, racconto come la Chiesa cattolica abbia risposto, e possa ancora rispondere, alle attese dei popoli emarginati. Con L'isola del paradiso, rivisitazione della vicenda degli ammutinati del Bounty, denuncio il mito del buon selvaggio che, dall'illuminismo in poi, affascina l'uomo moderno: la vita felice nei mari del sud, tra donne bellissime e in una natura incontaminata si conclude in tragedia".

- E con Catone?
"Marco Porzio Catone, contadino romano e poi soldato e console, è figura attualissima. Ragioni culturali prima ancora che politiche e militari lo spinsero a difendere la romanità e i suoi valori dai nemici interni ed esterni: dall'immoralità degli alleati greci, da cui però Roma imparò il culto della bellezza e della verità; e dall'invandenza economica e commerciale di Cartagine, che peraltro minacciava Roma anche militarmente. Il grano prodotto nelle colonie cartaginesi in Sicilia dagli schiavi-contadini era venduto a Roma a metà prezzo rispetto al grano prodotto dai liberi uomini romani. E intanto Annibale minacciava Roma con il suo esercito".

- L'esempio del grano ricorda ciò che sta avvenendo oggi in Italia, dove subiamo la concorrenza cinese. Ma com'era il panorama culturale di allora in rapporto alle condizioni umane?
"Nel panorama delle civiltà antiche, dalla Cina agli Incas e ai Mayafodnate sulla schiavitù la civiltà greco-romana era l'unica ad anteporre alle ragioni economiche il valore della bellezza, del diritto, della libertà individuale. Gli schiavi romani potevano essere affrancati. Sono valori che il medioevo cristiano ha poi esaltato e che costuiscono le radici della nostra civiltà occidentale... che non sarebbe esistita se Annibale avesse vinto. Per questo Catone terminava ogni suo discorso in Senato con la famosa sentenza Carthago delenda est: Cartagine deve essere distrutta. Annibale, grandissimo uomo e condottiero, vincitore e poi sconfitto da Scipione, intuì che Roma rappresentava qualcosa di superiore, di sacro. E si fermò"