Famiglia Cristiana n° 32 - agosto 2006

Una grande mostra nel castello del Buonconsiglio di Trento

IL CASTELLO DEL ROMANINO

Le opere di un grande, estroso e imprevedibile pittore bresciano del '500. Da scoprire nelle sale del castello del Buonconsiglio, cantiere d'arte e cultura sotto il vescovo-principe Bernardo Cles, che preparò così il concilio di Trento.

La mostra inaugurata a Trento, al castello del Buonconsiglio e dedicata a Romanino. Un pittore in rivolta nel rinascimento italiano (aperta fino al 29 ottobre, catalogo Silvana) rappresenta una duplice occasione. Da un lato consente di rivivere brani di storia, dal medioevo al concilio di Trento, (di cui il castello fu sede) su su fino al secolo scorso, a Cesare Battisti e ai suoi compagni qui decapitati dagli austriaci nel 1918.

Dall'altro offre la possibilità di incontrare l'opera pressoché completa di un grande e poco noto pittore bresciano del '500: Gerolamo Romano, detto il Romanino (1485-1560). Artista che anticipò con il suo brutale realismo anticlassico il genio di Caravaggio. E che addirittura andò oltre con una libertà caricaturale e vignettistica (come notò per primo Pier Paolo Pasolini) da anticipare Goya e Daumier. Rompendo, come tutti i grandi lombardi suoi contemporanei (Lotto, Moretto, Savoldo) con la pittura intellettuale e idealistica del rinascimento italiano. Introducendo il comico e il grottesco là dove regnavano tragicità, enfasi e retorica.

Romanino ritorna dunque oggi nel "suo" castello, dove tra il 1531 e il 1532, affrescò per il vescovo principe Bernardo Cles la loggia del Cortile dei Leoni dominata dal grande carro del Sole che precipita, guidato da Fetonte. Un episodio mitologico che doveva essere di monito ai principi-vescovi, che per secoli regnarono su Trento, a non eccedere in manie di grandezza e potere.

Amatissimo da Pier Paolo Pasolini e Giovanni Testori, che insieme al grande critico Roberto Longhi parteciparono alla prima e unica mostra a lui dedicata a Brescia quarant'anni anni fa, Romanino è presente a Trento con disegni, tavole e tele provenienti da Brescia, Firenze, Roma, Berlino, Budapest, Parigi, Londra, New York. Le sale che fanno da cornice alle sue opere hanno nomi che, ancora prima di vederle, affascinano: sala della libraria, chamarin drio lo torion, refettorio della cantina, revolto sotto la loza, camera del signor, salot sora la scala, stua della famea, camera del camin nero, camera degli scarlatti (lacunari dipinti), stua granda con soffitto "a caselle".

Antiche stanze intime e domestiche, di spiccata cultura montagnina - eppure preziose - che ti avvolgono con i loro affreschi, terracotte, stucchi e boiserie opera dei migliori artisti del tempo: Zaccaria Zacchi e gli stuccatori mantovani, Dosso Dossi e il fratello Battista, Marcello Fogolino e lo stesso Romanino. Tutti artisti fatti appositamente venire qui a Trento dal principe vescovo Bernardo Cles (ritratto da Romanino nella sala delle Udienze) per rendere il castello del Buonconsiglio degno di ospitare i principi della Chiesa provenienti da tutta Europa per il concilio di Trento. Evento che Bernardo Cles, potente consigliere di Ferdinando d'Asburgo, il nipote dell'imperatore Carlo V (Romanino li rappresenta insieme a colloquio nella sala delle Udienze), preparò nei dettagli con viaggi e contatti diplomatici.

Qui, al Castello del Buonconsiglio, dove Romanino aveva offerto la sua arte al vescovo ("quello excellente pittore bressano che si ha offerto venire") avvenne una svolta decisiva nella sua carriera di artista. Il "vento del nord" - come lo chiama lo storico dell'arte Ezio Chini che ci ha presentato la mostra - aveva infatti liberato nella sua pittura un'ansia di libertà, la volontà di ribellarsi al classicismo di maniera che dominava l'arte, la religiosità e la cultura del Cinquecento. Favorendo proprio qui a Trento, crocevia di culture lungo l'asse nord-sud, quell'incontro tra il realismo dei pittori nordici, il colorismo dei veneti Giorgione e Tiziano, la conoscenza della pittura di Leonardo e Michelangelo che fanno grande la pittura di Romanino. Il quale ebbe lo stesso destino di Michelangelo: i nudi nelle lunette della sua loggia di Trento furono"imbraghettati" come quelli più famosi della Sistina e solo un recente restauro ce li ha restituiti integri.

Le cose più belle da vedere
Durante la nostra visita alla mostra e al castello dobbiamo immaginare i vescovi conciliari passeggiare sotto le volte della splendida loggia del cortile dei Leoni (con i suoi nudi ancora integri) e alzare gli occhi ammirati agli straordinari cavalli bianchi scorciati da Romanino: tre anziché quattro, una provocazione e ancora un invito alla moderazione. Ecco gli ecclesiastici passare davanti al gigantesco "guardaportone" (un "buttafuori" dal cappello piumato con il braccio levato armato di bastone) affrescato da Romanino all'inizio dello scalone che porta al piano superiore.

Eccoli accomodarsi nei confortevoli ambienti surriscaldati da stufe di maiolica firmate dai migliori artisti dell'epoca (e ora raccolte in collezione in un'unica sala). Eccoli mentre celebrano la santa Messa nella cappella dagli stucchi preziosi, e poi scendono nel refettorio con annessa cantina (segno di abbondanti e comode bevute).

Percorrono poi, conversando, il lungo e stretto cammino di ronda fino alla torre del Falco (con affreschi di caccia) e alla torre Aquila, gioiello del gotico internazionale, con il ciclo dei mesi. Qui, come all'interno di un caleidoscopio, di una trottola o di un prisma colorato, le pareti affrescate sembrano ruotare intorno allo spettatore, presentando su ogni faccia l'istantanea di un mese, i suoi lavori e i suoi svaghi. Infine si ritorna al Castelvecchio per una boccata d'aria fresca dalla splendida loggia veneziana. Con vista su Trento e i suoi monti.