Famiglia Cristiana n° 42 - ottobre 2005

A MILANO I CAPOLAVORI DI MICHELANGELO MERISI E DEI PITTORI CHE DA LUI IMPARARONO A RAPPRESENTARE LA REALTà

MILLE E UNO CARAVAGGIO

Dall'Olanda alla Francia, dal nord Italia al Meridione, un'intera generazione di artisti ha dovuto fare i conti con la pittura sconvolgente e rivoluzionaria del grande e ribelle genio lombardo.

Era arrivato a Roma nel 1593, poco più che ventenne, "senza denari e pessimamente vestito" come tanti altri suoi colleghi pittori in cerca di fortuna. Ma quando una decina d'anni dopo Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, dovette lasciare la città, inseguito dalle guardie pontificie per aver ucciso involontariamente un suo rivale nel gioco della pallacorda, egli era già "celeberrimus pictor". La sua rivoluzionaria pittura infatti - fatta di brutale realismo e violenti contrasti di ombra, luce e colore - aveva conquistato la nobile committenza romana e il mondo artistico della capitale.
Così, mentre Caravaggio fuggiva a Malta, Messina, Palermo e Napoli, per morire poi di malaria a Porto Ercole in Toscana (1610), i capolavori romani e i successivi, seminati nelle varie tappe della sua errabonda e disperata esistenza, divennero modello per intere generazioni di pittori che li ammirarono, li studiarono, li copiarono e si ispirarono a essi. Sono pittori lombardi, toscani, genovesi e calabresi; sono pittori spagnoli, francesi, olandesi e fiamminghi venuti a Roma per mettersi in discussione davanti alla sua pittura, il cui seme fruttificherà e si svilupperà così in tutta Europa.

Tutti i "cugini" di Caravaggio

A questo grande movimento europeo di pittori caravaggeschi che a Roma, nel primo trentennio del Seicento, impressero una svolta alla storia della pittura - arrivando a influenzare maestri "lontani" come Rembrandt, La Tour, Vermeer -, Milano dedica la grande mostra Caravaggio e l'Europa, che si inaugura a Palazzo Reale il 15 ottobre e che rimarrà aperta fino al 6 febbraio (catalogo e atlante Skira). La mostra si trasferirà poi a Vienna.

Le tele di Caravaggio esposte a Palazzo Reale sono nove e aprono la prima delle sei sezioni in cui è divisa la mostra. La Cattura di Cristo proveniente da Odessa è una replica della straordinaria Cattura conservata a Dublino e che i milanesi hanno appena avuto modo di ammirare al Museo Diocesano. Caravaggio si autoritrae qui nel personaggio in alto a destra che "illumina" con una lanterna (che in realtà "è" la sua pittura) il drammatico attimo del tradimento. Nell'Incoronazione di spine proveniente da Vienna lo "scatto fotografico" di Caravaggio - il lampo di luce del suo flash pittorico - ci dà l'istantanea del momento dolorosissimo in cui i servi, con due lunghe canne, conficcano sul capo di Gesù la corona di spine.Il sangue sprizza sulla fronte del Re (è tutta su di Lui la luce di Caravaggio) mentre il potere mondano - corazza nera, elmo biancopiumato, colletto inamidato - lotta cromaticamente contro il rosso del manto regale di Cristo.

La Madonna dei pellegrini, il San Gerolamo e la Cena di Emmaus (quest'ultima forse bisognerà andarla a vedere con lo stesso biglietto nella sua sede naturale, alla Pinacoteca di Brera) sono le ultime tre opere esposte del periodo romano. Dopo l'Amore dormiente (Firenze, Palazzo Pitti), seguono tre straordinarie tele che testimoniano il soggiorno di Caravaggio a Messina: le accomuna la velocità di esecuzione, la particolare luminosità e il taglio scenografico caratterizzato dall'affollarsi delle figure nella metà inferiore del quadro. Nell'Adorazione dei pastori il movimento dell'azione precipita da destra verso sinistra: con tenerezza Giuseppe e i pastori si chinano verso il Bambino tra le braccia di Maria, distesa in diagonale su un panno rosso. Nella Resurrezione di Lazzaro il gesto imperioso del braccio di Cristo incontra la destra rigida e levata del morto, un corpo di manichino che accenna a stiracchiarsi, incerto tra la morte e la vita. Infine nel Seppellimento di santa Lucia il cupo ambiente delle catacombe di Siracusa si illumina di una speranza: il corpo della santa è un seme sepolto che un giorno fiorirà.

Divise in cinque sezioni 180 opere

Le cinque sezioni successive ci mostrano attraverso ben 180 opere come la lezione di Caravaggio sia stata recepitata e interpretata dai suoi seguaci in Italia e all'estero: i nomi dei pittori si intrecciano e influenzano vicendevolmente. La seconda sezione è dedicata ai primi seguaci di Caravaggio: spicca il nome del grande pittore toscano Orazio Gentileschi, più anziano di Caravaggio, che rielabora la sua pittura in forme chiare e rigorose; e della figlia Artemisia che riprende il crudo realismo caravaggesco in scene sanguigne e violente ai limiti dell'horror: per esempio in Giuditta taglia la testa a Oloferne.

La terza sezione presenta 16 opere del pittore Jusepe de Ribera, massimo esponente del naturalismo iberico, che studiò Caravaggio a Roma e ne diffuse a Napoli la lezione di intenso realismo.

La quarta sezione è sotto il segno del pittore lombardo Bartolomeo Manfredi, che inventò addirittura un metodo (manfrediana methodus) per copiare i modelli caravaggeschi e farli poi "recitare" in scene di genere Ne nasce una folla di tipi umani - bevitori, giocatori, zingare, musici - addolciti e addomesticati, spesso semplici comparse. A questo campionario umano attinsero i francesi Valentin De Boulogne e Simon Vouet.

La quinta sezione è dedicata ai caravaggeschi olandesi e fiamminghi tra cui il "terzetto" della scuola di Utrecht: Terbruggen, Van Baburen e quel Gerrit van Honthorst famoso in Italia come Gherardo delle Notti. L'ultima sezione ci fa scoprire la pittura del calabrese Mattia Preti, che arrivò a Roma nel 1630 e può essere considerato l'ultimo interprete della cultura caravaggesca.