Famiglia Cristiana n° 42 - ottobre 2010
SPECIALE MOSTRE
DALÍ ALLA RICERCA DI Sé STESSO
"La mia ambizione è diventare Salvador Dalí, nient'altro", scrisse l'artista. Ecco cosa si nasconde dietro le sue visioni surreali.
Facili e difficili insieme, enigmatiche eppure immediate nel loro linguaggio classico e figurativo, le opere dell'artista catalano Salvador Dalí (1904-1989) non finiscono di mai stupirci. La sua pittura surreale è fondata sull'incertezza e l'ambiguità delle forme che nascono dall'inconscio e dai sogni.
Le forme naturali - le nuvole, le rocce, le macchie di umidità su un muro (come scrive lo stesso Leonardo da Vinci) - possono trasformarsi in scene di battaglia, volti umani, forme animali. Da queste allucinazioni mentali (metodo paranoico- critico lo chiama Dalí) egli ricava i suoi paesaggi metafisici e deserti (in mostra Tavola solare, 1936), popolati da figure indecifrabili: elefanti e cavalli con smisurate gambe d'insetti, grucce animate, orologi molli, rocce dalle sembianze umane e corpi che, nel loro insieme, formano volti spaventosi (Il grande paranoico, 1936), sacchi che volano (Il cammino dell'enigma, 1981), fantasmi e scheletri che evocano gli spettri della guerra (Spagna, 1938, Volto della guerra, 1940, Impressioni d'Africa, 1938). Un volto di donna può diventare lo spunto per una stanza accogliente come quella ricostruita in mostra (Sala Mae West, 1975-2010): due labbra per il divano, gli occhi due quadri appesi alla parete, il naso due caminetti accesi e tende-sipario al posto dei capelli.
Dalì gioca con tutta l'arte: apre cassetti nella Venere di Milo (Venere di Milo con cassetti, 1936-1954), trasforma la Pietà di Michelangelo in una scultura rocciosa (Era geologica la Pietà, 1982); e nella madre del famoso Angelus di Millet "vede" una mantide religiosa che seppellisce il figlio (Aurora, mezzogiorno, tramonto e crepuscolo, 1979).
Dalì è stato un grande sperimentatore, come si vede nei filmati proiettati in mostra. Anticipatore della pop art, delle installazioni e delle performance artistiche. Ma soprattutto icona di sé stesso e del suo smisurato io: abbigliamento eccentrico, baffi all'insù, capelli scarmigliati e sguardo spiritato. Scrive: "La mia ambizione è diventare Salvador Dalí, nient'altro. Ma più me ne avvicino e più Dalí si allontana".
A fine mostra la proiezione del cartone animato Destino - progettato dall'artista nel 1946 e realizzato dalla Walt Disney nel 2004 - rappresenta una sintesi di tutta l'iconografia daliniana, in cui i personaggi e gli oggetti dei suoi quadri si animano e interagiscono, dimostrando quello che Dalì stesso scriveva nel 1936: "Ma non ci sono quadri, c'è solo un quadro che continui a dipingere per tutta la vita su differenti tele, simili a cornici sul filmato vero dell'immaginazione".
Salvador Dalì
Il sogno si avvicina
Milano, Palazzo Reale, fino
al 30 gennaio 2011. Catalogo Skira. Info: tel. 02/54.913
www.mostradali.it