Famiglia Cristiana n° 43 - ottobre 2011
LA SCATOLA MAGICA DI PAUL CÈZANNE
La mostra di Palazzo Reale, a Milano,si dipana come un pellegrinaggio nei luoghi dove il padre della pittura moderna concepì le sue opere.
Burbero e scontroso come un eremita, la lunga barba scarmigliata, lo sguardo concentrato sulla pittura con lo slancio di un missionario. Paul Cézanne (1839-1906) è senza dubbio il padre della pittura moderna, precursore di cubismo e astrattismo. La mostra che apre in questi giorni a Milano ci propone un punto di vista inedito sulle sue opere, un viaggio attraverso i luoghi dove ha dipinto. Si tratta di un pellegrinaggio non solo esteriore, che ci invita entrare in quella scatola magica che è l'atelier dove lo sguardo di Cézanne si muove, guidato dall'altra facoltà che fa grande un artista:
la mente, l'intelligenza, la ragione.
Scrisse una volta l'artista: "Ci sono due cose in un pittore, l'occhio e il cervello. Si deve lavorare per lo sviluppo di entrambi: dell'occhio attraverso l'osservazione della natura, del cervello attraverso la logica delle sensazioni organizzate, che forniscono i mezzi di espressione". Il primo atelier del pittore, nativo di Aix en Provence, nella Francia del Sud, è stato il salone al piano terreno della casa di campagna della sua famiglia, al Jas de Bouffan. Qui nascono una serie
di vedute dell'edificio con i suoi bei volumi accarezzati dal sole, il prato ombreggiato
dai castagni e cinto da un muretto di pietra che corre intorno alla proprietà come il confine di un monastero. Dopo essersi affermato come pittore, Cézanne ritorna in città e si trasferisce nella luminosa mansarda ricavata al terzo piano della casa paterna. Qui concepisce quelle nature morte che sono autentici "manifesti" della sua pittura, una pittura che esprime la verità delle cose, tanto che il pittore americano William Congdon, allievo di Pollok, considerava più religiose le mele
di Cézanne che le Madonne di Raffaello. In effetti, nella pittura di Cézanne, la ricerca della verità è così forte da indurlo a ricostruire, attraverso il colore e la luce, un nuova realtà. Un visione fondata non più sul disegno, ma su una pura pittura, "pensata", fatta di tocchi essenziali di colore giustapposti, minuziosamente calcolati, tanto da indurlo a fermarsi nel punto esatto in cui il risultato era raggiunto; senza preoccuparsi di lasciare scoperte alcune parti della tela, con un effetto di "non-finito" che ricorda Michelangelo. E il paragone regge, se pensiamo che quei tocchi di pennello sono come colpi di scalpello, costruiscono una solida visione pittorica della realtà che, per Cézanne, era fondata sul cubo, il cilindro e la sfera.
A Bibémus, l'artista dipinge in un semplice capanno-atelier tra le rocce e il bosco,
e di quelle rocce sembra volere individuare la natura geologica, la struttura nascosta, per solidificare poi con quella stessa materia le fronde degli alberi, rese leggere e friabili dalla luce. Il viaggio fra i "luoghi" di Cézanne continua sulle rive del fiume Marna e davanti al golfo dell'Estaque (Marsiglia), dove l'acqua blu cobalto, sotto le sue pennellate, come sotto
il maestrale, diventa dura lavagna, superficie convessa attratta dalla calamita del cielo. L'ultimo atelier di Cézanne è quello di Lauves, progettato e fatto costruire appositamente
per vedere da un lato la sua città natale di Aix en Provence e dall'altro l'amata montagna
Saint Victoire, soggetti tra i preferiti, replicato almeno una ventina di volte.
Cézanne e les atéliers du Midi
Milano, Palazzo Reale, fino
al 26 febbraio 2012. Catalogo Skira.
Info: tel. 02/88.46.59.31
www.comune.milano.it