Famiglia Cristiana n° 47 - novembre 2005
IN LIBRERIA UN INNOVATIVO MANUALE DI ARTE CRISTIANA DELLA SAN PAOLO
GENIO E FEDE ALL'ITALIANA
Intervista allo storico dell'arte americano Timothy Verdon, autore di questa coraggiosa iniziativa editoriale.
Nel presentare il primo dei tre volumi di questo splendido manuale di arte cristiana edito dalla San Paolo - una novità assoluta nel panorama culturale italiano - ci siamo rivolti al curatore dell'opera, nonché suo principale estensore, padre Timothy Verdon, storico dell'arte e direttore dell'Ufficio diocesano di Firenze per la catechesi attraverso l'arte.
- Monsignor Verdon, qual è il pregio di quest'opera?
"Quest'opera, davvero unica come mole, qualità e impostazione, nasce dalla volontà della Conferenza episcopale italiana e dell'Ufficio per i beni culturali di offrire alla Chiesa italiana e a tutti gli interessati all'arte uno strumento adeguato alla ricostruzione della storia artistica cristiana italiana. L'opera nasce da una sensibilità nuova e impensabile fino a 25 anni fa. Un tempo si parlava di arte in termini nozionistici e asettici, riduttivi delle immagini e della loro potenzialità al servizio della fede. La Chiesa oggi ha capito che <USSERVIZI>la cultura in cui viviamo non è più cultura della parola ma soprattutto dell'immagine. Da qui il desiderio di mettere a frutto questo incredibile patrimonio comunicativo che è l'arte "nella" e "per la" Chiesa, che costituisce un'immensa possibilità di comunicare i contenuti della fede".
- Perché la Chiesa ha bisogno degli artisti, come nel 1965 ha scritto Paolo VI a conclusione del Vaticano II e come nel 1999 ha ribadito Giovanni Paolo II nella sua "Lettera agli artisti"?
"Nella sua "Lettera agli artisti" Giovanni Paolo II ricordava come l'artista sia immagine del Creatore, e al servizio di quella bellezza senza la quale - come aveva affermato Paolo VI a conclusione del Concilio vaticano II - il mondo cadrebbe nella disperazione Riprendendo una frase del teologo conciliare padre Chenu, il quale affermava che lo storico della teologia farebbe opera incompleta se non facesse riferimento ai monumenti dell'arte cristiana. Queste parole riconoscono alla tradizione artistica una sua originalità nell'articolazione dei contenuti della fede e riconoscono nell'artista un potenziale carattere di teologo".
- Qual è il suo pensiero al proposito?
"Da parte mia ho accolto con entusiasmo questo invito della Cei che era in armonia con il mio indirizzo personale. Fin dagli anni dell'università trovavo infatti assurdo che i professori parlassero di arte in modo formale, senza farci capire il rapporto tra forma e funzione. Nella laicissima Yale io, cattolico, intuivo in alcune opere d'arte sprazzi di luce che mi sembrava che altri non vedessero; per rendere ragione di queste mie convinzioni ho dovuto costruirmi - come tanti altri storici dell'arte credenti, tra cui i collaboratori che hanno realizzato con me quest'opera - una metodologia credibile, la stessa con la quale oggi ci esponiamo anche alle eventuali critiche".
- Mons. Verdon, qual è il suo metodo?
"Quello di una piena contestualizzazione dell'opera. Per esempio una pala d'altare esposta in un museo insieme a tante altre, magari della medesima scuola, viene a essere ridotta a un oggetto estetico, mentre bisogna ricordare che essa stava in una cappella o su un altare per essere fruita in funzione della celebrazione eucaristia. Così che gli sguardi dei fedeli che vedono il pane e il vino - ma non il corpo e il sangue - contemplino nell'arte i "segni" del corpo e del sangue. Quando dipinge il Battesimo di Cristo, Piero della Francesca sa che quel corpo bellissimo farà da sfondo all'elevazione dell'ostia. E quando Michelangelo scolpisce la Pietà, sa che essa verrà collocata sopra l'altare. Per capire un'opera d'arte sacra bisogna insomma immaginarla all'interno di un rito liturgico e ricostruire il sentimento religioso del tempo e la sfera affettiva che la circondava; così diversa, per esempio, nel Medioevo piuttosto che nel periodo barocco".
- In questo primo volume lei parla di "mistagogia", cioè di introduzione al mistero attraverso l'arte, e della necessità di saper leggere e interpretare i "segni", per esempio nei mosaici di Ravenna. Ci può spiegare meglio?
"Questa domanda è estremamente attuale. Ero presente al Sinodo sull'Eucaristia e una delle questioni rivolte dai vescovi al Santo Padre (e ripresa poi nel messaggio finale) era proprio questa: come fosse possibile oggi introdurre i credenti al significato del sacramento eucaristico non solo attraverso concetti, ma utilizzando l'antica mistagogia. Per penetrare una realtà misterica occorre infatti aiutare i fedeli attraverso la ricchezza e la bellezza dei simboli artistici. Servendosi della forza simbolica dell'immagine, poetica o visiva, che penetra nel subconscio intrecciandosi con lo stato d'animo personale e con le conoscenze del singolo, per condurlo nella nube misteriosa del monte Tabor".
- E la volontà, e la ragione?
"Quando entri in un rapporto così profondo e personale di conoscenza, l'intelligenza e la volontà vengono stimolate dal desiderio di continuare quel cammino, di ripetere e approfondire quell'esperienza, di conformarsi a quella realtà che ci è stata comunicata. La mistagogia antica era questo globale ingresso, questa totale penetrazione nella profondità del sacramento, realtà così ricca e complessa che nessuna logica può spiegare. Anche nostro Signore nel Vangelo riconosce il limite della parola: "Come posso spiegare"… "a cosa potrò paragonare"... Le parole sono insufficienti, il nostro cielo - il paradiso - non sarà ascoltare Dio bensì contemplarlo".
- Monsignor Verdon, coordinando un pool di esperti lei ha trattato in questo volume il periodo artistico che va dagli inizi del cristianesimo al Trecento, anche dal punto di vista della liturgia, delle arti minori; e con box di approfondimento sulla poesia, il teatro, la musica, la geografia e le vie di pellegrinaggio. Ciò garantisce una lettura integrale dell'opera d'arte?
"No, due più due in questo campo non fanno mai quattro: non si può ricostruire il processo creativo tout court, ma solo offrire al lettore una serie di campioni delle dinamiche culturali che hanno concorso a tale processo, garantendo una visione il più possibile poliedrica".
- Lei, che da molti anni insegna sia negli Stati Uniti sia da noi, riconosce in quest'opera, circoscritta all'arte italiana, un particolare carisma e una particolare genialità agli artisti italiani?
"L'Italia è l'erede diretta dell'antichità grecoromana. Ogni riscoperta dell'antico passa necessariamente dall'Italia. Se anche dovessi scrivere una storia dell'arte francese dovrei comunque riferirmi all'Italia. Oltre all'eredità storica, ineludibile, esiste certamente un genio nazionale italico, il quale, sia che attinga alla classicità, sia che subisca l'influsso dei barbari (come nei secoli delle invasioni), non copia ma rielabora con un amore per il particolare, una capacità di stupore, un senso del sacro, una freschezza e una spontaneità unici al mondo. Il genio italico, appunto".
- Dopo l'attuale volume, Origini e Medioevo, usciranno il secondo sul Rinascimento e il terzo sull'Età moderna e contemporanea. Cosa succede dopo il Seicento, quando arte e fede prendono strade differenti?
"Dopo Caravaggio e Bernini, che rappresentano la cultura barocca al servizio della Chiesa, l'arte cristiana scade nell'accademismo, frutto dello sviluppo intellettuale e di una ricerca di perfezione e di sintesi tra fede e classicità. L'espressione artistica diventa fine a sé stessa. In reazione ai protestanti, la Chiesa cattolica poi insiste ed eccede nel riempire gli edifici sacri di immagini sempre più accademiche e scontate, lontane dalla vitalità tipica dell'ispirazione originaria, dove non ci sono più lo stupore, la meraviglia e la drammaticità di Caravaggio o Bernini. E l'iconografia cattolica si fa timida per purificare la fede dalle esagerazioni. Così, tra il Settecento e l'Ottocento muore il concetto di arte sacra e nascono altre forme: prima si riscopre il classico (il neoclassico e l'arte egiziana di Napoleone) e poi nasce il romanticismo. L'arte si sviluppa lontano dalla Chiesa (debole politicamente ed economicamente) e si rinnova per altre strade. Nel periodo in cui l'arte cristiana guarda al Medioevo e al Beato Angelico, ripiegandosi sul passato, ecco sorgere il genio di Monet e di Munch!".
Il primo volume di questa opera diretta da monsignor Thimoty Verdon si intitola L'arte cristiana in Italia. Origini e Medioevo. Seguiranno il 2° e 3° volume su Il Rinascimento e L'età moderna e contemporanea. Il formato è 225 per 300 centimetri, le pagine sono 400, la carta è patinata, ottime le illustrazioni a colori.