Famiglia Cristiana n° 51 - dicembre 2010
ARTE E FEDE
TUTTO IL FASCINO DI QUELLA NOTTE
Nell'antica chiesa milanese di San Simpliciano grazie a un gruppo di volontari rivive la tradizione del presepio. Affascinante è il gioco di luci per l'alba e il tramonto.
"Non c'era posto per loro nell'albergo" racconta Luca nel suo Vangelo a proposito della nascita di Gesù. Per cercare un "posto" nel cuore degli uomini di ogni tempo è nata la tradizione del presepio. Noi siamo andati a vedere come nasce uno dei presepi milanesi più belli e suggestivi, quello di San Simpliciano, forse la più antica basilica di Milano. "L'ipotesi è che si tratti di una basilica paleocristiana, costruita addirittura prima di Sant'Ambrogio" ci racconta il parroco, monsignor Giuseppe Angelini, insegnante di teologia morale nella Facoltà teologica dell'Italia settentrionale che ha sede proprio qui, nell'attiguo ex convento benedettino. Appena entrati nella grande basilica, nella prima cappella a destra Aldo Marini - che da oltre trent'anni progetta e realizza con l'aiuto del figlio Antonio questo suggestivo presepio - è all'opera con alcuni volontari.
Fin dai primi del '900 - come ci racconta lo stesso Marini - ogni anno a Natale questa cappella ospitava il presepio locale in una struttura che assomigliava a un teatro: un palco in legno che ancora utilizziamo insieme al sipario che nasconde tuttora un sistema di travi e carrucole per reggere le quinte e i fondali che furono dipinti da uno scenografo dell'ex Teatro Fossati. Oggi al posto di quel teatro, in corso Garibaldi (metrò Lanza) sorge il Piccolo Teatro. Una tradizione antica, dunque, quella del presepe di San Simpliciano, ripresa poi negli anni '60.
Ma cosa significa la parola presepio? Marini ci racconta che deriva dal termine latino praesaepium composto da prae (davanti) e saepire (chiudere, circondare con un siepe). Quindi un luogo chiuso, recintato, una mangiatoia o un caravanserraglio dove si chiudevano le bestie durante le fredde notti nel deserto della Palestina. Qui Maria partorì Gesù, perché non c'era posto per loro in città. è questo il tema scelto quest'anno da Marini per il presepio.
Le mura della città di Betlemme - di polistirolo dipinto, ma le pietre sembrano vere - si snodano compatte; un portico suggerisce interessanti prospettive che si aprono tra case e straducole, una piazza lascia intravedere una fontana, un arco incornicia uno scorcio di dune, una fuga di cespugli, una donna con un'anfora: tutti elementi che suggeriscono una suggestiva naturale profondità. Al di qua di Betlemme, appoggiata alle sue mura, una tettoia improvvisata raccoglie la classica scena della Natività: Gesù, Maria, Giuseppe, l'asino e il bue. Pochi personaggi, scelti da Marini dalla bellissima collezione di statue antiche intagliate nel legno di cirmolo che fanno parte del patrimonio storico del presepio di San Simpliciano. Marini, come un artista, calibra sapientemente le luci a "led" puntate sui personaggi, sulla fontana, sulle case e sui pochi, essenziali elementi che compongono il suo presepio, così come scarna ed essenziale è la narrazione evangelica. I punti di vista da cui guardare il presepio di San Simpliciano sono almeno tre e permettono di scoprire particolari nascosti e suggestivi. Le luci, regolate da una centralina elettronica, ci accompagnano in questo viaggio nella Notte Santa: il tramonto, l'accendersi delle prime stelle, le luci nelle case che poi si spengono e introducono nel silenzio profondo della notte in cui si compie il grande mistero; poi l'alba e il pieno giorno. Il tutto dura poco più di un minuto ("o forse duemila anni?", si chiede l'osservatore incantato); poi il magico ciclo si ripete una, due, tre, cinque o quante volte vogliamo, dandoci la possibilità di immergerci nel mistero del testo evangelico rappresentato. E la musica? Aldo Marini non vuole neanche sentirne parlare. Niente deve disturbare la visione. Niente musiche, niente effetti speciali. Il presepe è una rappresentazione teatrale bloccata nel momento più cruciale. Unico suono concesso: il canto dell'acqua che cade nella fontanella di gesso.
Ma a cosa serve il presepio? Marini risponde deciso: "A pensare al momento nel quale la storia è cambiata. La nascita di Cristo ha imposto una svolta alla storia. Il presepio serve a far pensare alla grandiosità dell'avvenimento e all'umiltà in cui si è svolto". Una semplice scritta a commento: "Fin dall'inizio parve che si volesse nascondere. Nacque non a Gerusalemme, la grande città, ma nella campagna vicino a Betlemme. Fino ad oggi è possibile giungere a Lui soltanto percorrendo una via singolare". Vengono in mente le parole di sant'Ambrogio (a cui succedette sulla cattedra di Milano San Simpliciano quando questa grande basilica, forse, era già in piedi da un secolo): "Che importa se Cristo nascesse mille volte a Betlemme, se non nasce almeno una volta nel nostro cuore".