Luoghi dell'Infinito / Avvenire - novembre 2013

CONCORDANZE

è Gesù il vero samaritano

I tre fanciulli nella fornace

Codex Purpureus
Miniatura bizantina, VI secolo

Evangeliario, Museo Diocesano - Rossano Calabro

La tradizione della Chiesa e la sua iconografia – confrontiamo qui un testo di sant’Agostino (Discorsi 179a, 7-8) con un’immagine tratta dal Codex purpureus di Rossano Calabro (VI secolo) – ci rivelano come il buon samaritano della parabola evangelica descritta in Luca (10,25-37) sia Cristo stesso che soccorre l’anima dell’uomo ferita mortalmente dal peccato. Egli la risolleva, la conforta con olio e vino (la Grazia e i sacramenti), la fascia e la cura (come nella parabola della pecorella smarrita), la carica su una cavalcatura e la porta alla locanda (due figure della Chiesa) per affidarla alle cure dell’oste. Nell’antica e preziosa miniatura bizantina quell’oste assomiglia inequivocabilmente ai primi ritratti di san Pietro che custodisce le anime in attesa del ritorno di Cristo. La prospettiva della parabola del buon samaritano si apre così a una dimensione cosmica e universale abbracciando l’inizio e la fine. A sinistra della miniatura Gerusalemme e a destra san Pietro in un percorso di salvezza. Il malcapitato percosso dai ladroni diventa così figura dell’uomo vecchio – Adamo – decaduto a causa del peccato e tornato alla terra dalla quale era stato tratto. E nell’antico Codex l’immagine di Gesù che lo risolleva assistito da un angelo richiamo l’atto della creazione (Genesi). Così quell’uomo che “scendeva da Gerusalemme a Gerico” e che incappò nei ladroni, cioè “le potenze ostili” (così scrive Origene) diventa figura di Adamo decaduto dallo stato edenico (la Gerusalemme alle sue spalle) a una condizione di miseria. “Gerusalemme è il paradiso, Gerico è il mondo” prosegue Origene che vede poi nel sacerdote e nel levita che passarono oltre senza soccorrere l’uomo la Legge e i Profeti; concludendo: “il samaritano è Cristo stesso, più vicino all’umanità della Legge e dei Profeti” (Omelie sul Vangelo di Luca 34, 3).

Le figure del sacerdote e del levita compariranno solo nella pittura del Cinque-Seicento che rappresenta invece in primissimo piano il buon samaritano come un anziano padre che soccorre un giovane dal corpo nudo e michelangiolesco. L’insieme richiama altre due immagini bibliche: quello del padre della parabola evangelica del figliol prodigo e quella di Abramo chino sul corpo inerme del figlio Isacco. Le tre immagini (samaritano, figliol prodigo, sacrificio di Isacco) parlano dell’amore infinito e misericordioso di Dio Padre. Solo a questo punto prende luce la lettura moderna della figura del buon samaritano, esempio per noi da imitare di amore verso il prossimo sì, ma nella misura in cui riconosciamo a nostra volta di essere stati salvati: “Egli infatti usa misericordia a noi in forza della sua bontà, noi ce ne usiamo gli uni gli altri per la bontà di lui” (Agostino, La dottrina cristiana I, 30, 33).