Club3 - febbraio 2009

CICCIONE FATTE AD ARTE

Così gli artisti hanno sempre valorizzato un certo modello femminile.

L'arte ha sempre dettato un modello ideale di donna: pensiamo alla Venere di Botticelli che nasce dall'acqua e da una conchiglia come una dea, una figura diversa dalla più carnale Venere di Tiziano.
Se la storia della bellezza femminile è anche la storia del costume e dei suoi cambiamenti, se arte e moda sono sempre andate a braccetto, contano i valori che il legame corpo-vestito esprimono: donna simbolo di fecondità e maternità; di tenerezza e protezione; di bellezza ideale, di fascino e seduzione mondana; oppure di emancipazione e autonomia.
Sfogliando le pagine della storia dell'arte scopriamo che il posto d'onore spetta ad Antonio Canova, di cui sta per aprire la mostra "Canova, L'ideale classico tra scultura a pittura" (25 gennaio - 21 giugno, Forlì, Musei di san Domenico). Pienamente umani e pienamente cristiani i suoi ideali di uomo e di artista. Nella Venera italica o nella Danzatrice con le mani sui fianchi piuttosto che nella famosissima Maddalena penitente è lo stesso eterno femminino che si esprime nella gioia, nella sensualità e insieme nella pietà e nella penitenza di un corpo che - modellato e levigato nel marmo - si fa tutt'uno con i panneggi sottilissimi che lo velano. Marmo come seta e marmo come pelle. L'anatomia del corpo nudo e formoso della Danzatrice trova il suo slancio nel movimento che dalla punta dei piedi risale al panneggio dei fianchi, alla curva del seno, per assottigliarsi nel collo, lievitare nell'ovale del volto, raccogliersi nei capelli sulla nuca, fissarsi infine nell'incanto di due occhi che sollevano l'animo a sublimi affetti e pensieri.
Non così la languida e sensuale Venere di Urbino di Tiziano Vecellio, il cui corpo è colore fatto carne, sguardo e attesa di un incontro d'amore. Il corpo che Tiziano dipinge è concreto e desiderabile, rispecchia la cronaca della vita di una corte italiana del primo Cinquecento... In questa donna c'è sì la perfezione classica - quasi il pittore avesse sparso sul suo corpo un'ombra di fard - ma c'è anche la storia concreta di un dono di nozze per il duca di Camerino, futuro duca di Urbino.
Con il pittore fiammingo Paul Rubens entriamo in pieno barocco, l'opulenta formosità delle sue Tre grazie sopravviverà al periodo più idealista Settecento per rivivere poi nella pittura borghese dei maestri dell'Ottocento come la Donna nuda seduta di Pierre Auguste Renoir, che quelle carni flaccide sublimerà nella materia pura dell'impressionismo. Per contro Silvestro Lega, pittore toscano, nel Canto dello stornello offre una silhouette femminile in cui ampie gonne fruscianti si stringono nel punto vita per poi rigonfiarsi in ampie e pudiche camicie ricamate e chiome raccolte di tranquille, rassicuranti figlie della buona borghesia toscana.
Sul finire dell'Ottocento l'art nouveau in Francia, lo stile liberty in Inghilterra e lo stile floreale in Italia fasceranno i corpi femminili in sinuose, seducenti sete, conturbanti boa, piume di struzzo e spirali di fumo da lunghi bocchini. è la donna fatale, la bambola languida e suadente che negli Anni Venti e Trenta del secolo breve, gettati boccoli e gioielli, si taglierà i capelli a caschetto e indosserà i panni della modernità. Una mostra a Rovigo è dedicata a quel periodo: "Déco. Arte in Italia", Palazzo Roverella, (31 gennaio - 28 giugno). Dai ritratti inquieti e conturbanti di Tamara de Lempicka si passa così a un'immagine di donna più borghese e rassicurante che attraversa il Novecento stretta nei suoi tailleur "fumo di Londra": è un'immagine così classica che qualche volta ci è dato di vederla anche nelle nostre figlie quando per una sera si liberano dal guanto di calzamaglie e blue jeans. A questa immagine si oppongono le donne di Botero, gonfiate a dismisura fino al limite della bulimia.
I grandi scultori del Novecento sognano nella pietra un ritorno al primitivismo, alle forme arrotondate delle divinità madri: Figura giacente di Henry Moore è un esempio di femminilità ancestrale fatta di pieni e di vuoti, di linee morbide, accoglienti, materne; mentre, per contro, Amedeo Modigliani rincorre le forme affusolate delle sculture tribali. Non ci resta dunque, per tirare le conclusioni, che metterci davanti al quadro-manifesto che ha segnato una svolta epocale nella storia dell'arte e della bellezza femminile: Le demoiselles d'Avignon di Pablo Picasso parlano da sole. Ogni commento è inutile.