La meravigliosa storia del cavaliere blu
Tiziano Viganò
Lo spirito della storia - Ed. Mimep Docete
Un moderno romanzo medioevale
Un romanzo sulla ricerca dell’identità. Dentro e al di là della storia medioevale. E un omaggio alla letteratura cavalleresca, da Rolando a Lancillotto. Il lettore che voglia gustare appieno questo libro deve fare uno sforzo di immaginazione e pensare se stesso nei panni del signore di un castello feudale, seduto davanti al camino, mentre il suo giullare gli narra la meravigliosa storia del Cavaliere Blu. Ovvero di Guglielmo il bastardo, figlio di Guglielmo Lungaspada e nipote dello stesso Saladino. Guglielmo, figlio di due mondi all’opposto, il moro e il cristiano. Da questa doppia identità, che darà del filo da torcere a Guglielmo, nasce la tensione narrativa del secondo romanzo di Tiziano Viganò che abbiamo la soddisfazione di pubblicare.
Vita di corte. Banchetti stupendi. Giostre, tornei, imboscate. Un cavaliere misterioso che appare e scompare a proteggere Guglielmo dai suoi nemici. La coltivazione e la tintura del lino, la seconda attività in cui Guglielmo eccelle dopo la spada e da cui nasce quel colore blu indaco che si estrae dal guado, la “pianta del blu”. Colore che tinge irrimediabilmente le dita del nostro Cavaliere. Poi gli avventurosi suoi viaggi per terra e per mare, dalle colline liguri alla Francia e da Venezia a Costantinopoli. E sempre sullo sfondo, invisibile, quel colore blu che, come l’”occhio di bue” del teatro, segue l’attore sulla scena. Blu. Colore e punto di fuga che suggerisce al lettore la purezza di Guglielmo, sempre alla ricerca di se stesso e dell’infinito, due punti così distanti eppure così vicini, sintetizzati da quell’unico cerchio blu che ricorda anche il fonte battesimale.
In questo romanzo, a partire dagli esergo che precedono ognuno dei 34 capitoli, c’è l’antica letteratura feudale. Ma anche l’Ariosto, con la sua poetica del meraviglioso. Così la bellissima, sensuale, misteriosa figura che cavalca e combatte con la sua spada ricurva per difendere Guglielmo ricorda da vicino Clorinda che combatte Tancredi nella Gerusalemme liberata, Clorinda il cui svelamento avviene sotto le mura di Gerusalemme. Cosa fa bella una donna nell’immaginario medievale? L’armatura che la nasconde. Ma anche la ricca veste d’ermellino che la rivela, così come avviene per la “bella genovese” amata da Guglielmo, Amore purissimo e impossibile che, come un nastro rosso, lega le pagine del romanzo, suggellandolo. Amore che l’Autore scolpisce nel cuore di Guglielmo, capitolo dopo capitolo, fino a un esito imprevedibile e insperato.
La lingua usata nel romanzo riecheggia quella dei trovieri tanto che siamo stati costretti, in alcuni punti, ad addomesticarla per facilitare la lettura. Attraverso questa originale metalingua, medioevale e contemporanea insieme, l’Autore ha saputo ricostruire e fa rivivere, con la consueta precisione storica e filologica, un’epoca in cui l’Amore cristiano si trasformava gradatamente in Amor cortese e la Guerra Santa si trasformava nel tripudio gioioso dei tornei (peraltro tollerati, entro certi limiti, dalla Chiesa stessa). Alla fine, negli ultimi capitoli, è ancora la Guerra Santa a prevalere come quell’unica impresa che sa unire i cavalieri d’Europa. E nel rush finale, sotto le mura di Gerusalemme, ritroveremo tutti i protagonisti, da Guglielmo ai suoi nemici e al bel cavaliere misterioso che nel frattempo si è rivelato nella sua misteriosa identità.
Al lettore di questo libro è promesso il sapore di una calma, di una ricerca e attesa di quelle stesse nobili cose, liete o dolorose, che gonfiano il cuore di Guglielmo, e il cuore stesso dell’Autore che riesce a cucire insieme tre epoche, quella della letteratura francese dei trovatori (XI-XII secolo), quella delle corti italiane del periodo delle crociate e la nostra epoca, il secolo XXI. L’oggi diventa così un balcone attraverso cui sporgersi per scrutare, attraverso la prospettiva lunga del passato, la più breve prospettiva della propria vicenda biografica. Dell’Autore, di Guglielmo e del lettore che così si identificano. Ma cosa cerca l’Autore? Cosa vuole comunicarci con La meravigliosa storia del Cavaliere Blu?
La risposta è nel romanzo stesso, nella sua lettura. La risposta è nella parola, nell’arte della parola, nella capacità della letteratura di evocare e far rivivere, attraverso le nobili gesta dei cavalieri, il mondo interiore che sta sotto l’armatura, il cuore che batte sotto il metallo. Così l’arte della parola si incarna in una sorte di miracolo e trasfigura la vita. È questo, anche nel romanzo di Viganò, il dono che la letteratura fa all’uomo di tutti i tempi. Come un fuoco “rubato al cielo”. Rosso alla periferia della fiamma. Blu al centro dove, come in una mandorla, sul suo cavallo incede Guglielmo, dipinto del colore del cielo.