L'Osservatore Romano - 15 dicembre 2008

LA RIFORMA CATTOLICA NEGLI AFFRESCHI RESTAURATI DI GIULIO CAMPI A CREMONA

UN UNICO CENTRO DEL COSMO E DELLA STORIA

La Biblia pauperum, appellativo con cui oggi genericamente si definiscono i cicli pittorici che raccontano la vita di Gesù, nacque nel XIII secolo in ambito tedesco come libro illustrato, un vero e proprio libro "per immagini" in cui venivano messi a confronto, ad uso degli illetterati, episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Episodi e temi che si illuminano a vicenda secondo il metodo caro ai Padri della Chiesa e sintetizzato nel motto di sant'Agostino: in Veteri Testamento, Novum latet, in Novo Vetus patet ("nel Testamento Antico è nascosto il Nuovo, e in quello Nuovo l'Antico diventa chiaro", Quaestiones in Heptateuchum, II, 73).
La cinquecentesca chiesa delle sante Margherita e Pelagia a Cremona, della quale è appena stato completato dal professor Gianluigi Colalucci un importante intervento di restauro dell'intero ciclo di affreschi - con storie del Vecchio e del Nuovo Testamento - rappresenta un interessante esempio "murale" di Biblia pauperum, affascinante occasione per riscoprire oggi la bellezza della Parola di Dio "letta" secondo l'antico insegnamento patristico.
Il programma iconografico degli affreschi fu dettato al pittore cremonese Giulio Campi (1505 c. - 1573) e al suo giovane aiutante, il fratello Antonio (1523 -1587), da un altro illustre cremonese, poeta e letterato: l'ecclesiastico Marco Gerolamo Vida, "il Virgilio cristiano". Amico del cardinale umanista Pietro Bembo, il Vida (che papa Paolo III nominò vescovo di Alba) aveva partecipato tra il 1546 e il 1547 ad alcune sessioni del concilio di Trento; e, qualche anno prima, nel fervoroso clima culturale della Riforma cattolica, aveva composto, per volere di Papa Leone X, un poema latino cristiano in sei volumi - la Cristiade - dove la lingua e la metrica virgiliana erano messe al servizio dell'apologia cattolica. Lo stesso processo di recupero classicista in senso cristiano avveniva di riflesso anche nella pittura manierista e poi barocca, sempre a sostegno della Riforma tridentina. Così la Cristiade, fatta stampare dal Vida nel 1535 nei locali del monastero che allora sorgeva a fianco della primitiva chiesa delle sante Margherita e Pelagia, diventò il testo base per il programma iconografico che Vida dettò per la nuova chiesa, progettata dallo stesso Campi (che era anche architetto) ed edificata nel 1547 sui resti dell'antico edificio dedicato alle martiri cremonesi.
Siamo negli anni del concilio di Trento e colpisce, dal punto di vista storico, apprendere quale fucina di elaborazione culturale rappresentasse Cremona per la presenza di Girolamo Vida che, pur essendo vescovo di Alba, risiedeva nella sua città a causa della guerra del Monferrato. A quell'epoca Cremona rappresentava un importante avamposto dell'eresia luterana e così - in un momento storico drammatico per la fede cattolica - maturò nel Vida l'idea di tradurre in immagini i sei volumi (Christiados libri sex) del suo poema. La stessa scansione si riflette nelle finte sei cappelle laterali, tre per lato, che si aprono nell'unica navata per accogliere sei affreschi - oggi staccati e riposizionati in loco - con scene evangeliche che sottolineano, in perfetto accordo con le indicazioni conciliari, la centralità di Cristo e del suo insegnamento.
Nel suo insieme, la decorazione pittorica di Giulio Campi si presenta come un'unica, splendida pagina miniata che si estende dalla grande volta, preziosamente decorata con fregi e grottesche, alle pareti laterali, all'abside e alla controfacciata; per fiorire infine nella splendida fuga pre-barocca della cupola, che in realtà rappresenta il punto di partenza del percorso iconografico e teologico dell'edificio. Nella gloria del Paradiso, in un turbinio di nuvole e angeli, un tenero, umanissimo Dio Padre fa scaturire, con il semplice gesto della sua mano, la scintilla divina che dà inizio alla storia della salvezza. I sei episodi del Vecchio Testamento che occupano la volta conducono all'Annunciazione rappresentata dal Campi nelle due lunette della controfacciata. Il Verbo di Dio si incarna nel seno di una semplice ragazza (a destra) annunciata da uno splendido angelo (a sinistra) che reca in mano un giglio fiorito. Sopra la Vergine, la colomba dello Spirito Santo e, ai suoi piedi, una cesta da lavoro. Il tutto colto in un'atmosfera di caldo intimismo lombardo. Timidezza, trepidazione, attesa. Dio si incarna nel silenzio di una stanza. E la luce radiosa ricorda Lorenzo Lotto.
Il percorso iconografico è pieno di rimandi, un effetto stereofonico come la musica di due organi battenti. L'Annunciazione, in controfacciata, rimanda all'episodio dell'Adorazione dei pastori nell'abside, danneggiata da alcuni interventi pittorici settecenteschi e da una porta aperta successivamente per il passaggio dei monaci. Dalla destra dell'altare, si riparte verso il fondo della chiesa per "leggere" i sei grandi affreschi con episodi evangelici riportati su centine e ri-applicati al muro (sotto cui si conservano le sinopie originali).
Il primo episodio - La presentazione al Tempio di Gesù - nella figura centrale del vecchio profeta Simeone il Campi ha forse riprodotto le fattezze dello stesso Gerolamo Vida, che si ritroverebbe così ad abbracciare commosso un Gesù bambino sgambettante tra le braccia della Madre. Li osserva una figura di giovane donna di spalle, con un bambino per mano: evidente citazione classica - quasi un calco - per la raffinata pettinatura, la posa del corpo, il panneggio e la composta bellezza dell'intera figura che richiama bassorilievi greci e affreschi pompeiani. Il secondo affresco - Gesù ritrovato tra i dottori del Tempio - ci presenta il divino Fanciullo che, con il suo insegnamento, scandalizza e inquieta scribi e farisei, scatenando intorno a lui una tempesta di sguardi e di mani. Nella terza scena, dedicata alla Predicazione di Gesù a Genezareth, il Messia appare adulto e autorevole come una divinità classica, mentre ammaestra un gruppo di persone radunate sotto un albero su cui si è appena arrampicato un giovane.
Il tema della predicazione e della dimostrazione della fede - tanto caro ai Padri della Riforma tridentina e al Vida - anima il primo piano dall'episodio della Trasfigurazione che inizia il percorso inverso sulla parete di sinistra, dall'ingresso verso l'altare. Il riferimento visivo del Campi (come di tutti i pittori dell'epoca) è certamente la Trasfigurazione di Raffaello; spicca in primo piano la figura di un Apostolo docente, seduto di profilo, appoggiato alla spalliera di una cattedra, mentre con la mano aperta commenta la straordinaria visione. Nella successiva Resurrezione di Lazzaro Giulio Campi coglie il gesto imperioso di Gesù che risveglia l'amico Lazzaro, bianco come la morte, eppure investito di una luce ultraterrena. Nell'Ingresso in Gerusalemme Gesù a cavallo domina la folla tra cui si stacca un anziano barbuto con palma in mano: anche qui la fisionomia sembra essere quella di Gerolamo Vida, che "firmerebbe" così come co-autore l'intero ciclo cremonese.
Nel grande arco sopra il presbiterio che ospita la Crocifissione (l'affresco simula un finto arazzo secondo l'uso della pittura romana manierista), Gesù muore solitario nell'indifferenza del mondo e del paesaggio: il suo corpo è una nota dolente di violino. Per contro, nella Resurrezione in controfacciata, l'immagine di Cristo che sale al cielo impugnando il Suo vessillo glorioso è un'esplosione di trombe barocche.
Sulla volta gli episodi del Vecchio Testamento, due per campata, sono da leggere in rapporto con gli episodi evangelici che ne rivelano il significato profetico. Nella campata centrale di due episodi L'acqua sgorgata dalla roccia e La raccolta della manna rimandano rispettivamente alle immagini di Gesù che "disseta" i dottori con l'acqua della Sua sapienza e nutre l'umanità con il suo corpo glorioso e risorto, vero pane eucaristico. Nella terza campata, vicino all'altare, i due episodi Il serpente di bronzo e Giuseppe e la moglie di Putifarre diventano chiari confrontati con l'immagine della Crocefissione: anche Gesù viene innalzato sulla croce per salvare il popolo e sfugge alla morte, lasciandole tra le mani il "mantello" del proprio corpo, così come Giuseppe lasciò il suo mantello tra le braccia della donna che cercava di sedurlo. Infine le immagini di Giona rigettato dal Mostro e Davide che uccide Golia rappresentano la resurrezione di Cristo e la sua definitiva vittoria sul Male.
Giulio Campi in sordina - certamente aiutato dal Vida e dalla sua cultura classica (pensiamo alle Metamorfosi di Ovidio) - semina nella cornice della Crocifissione e negli spazi d'angolo ricavati dalle decorazioni della volta un vero e proprio Bestiario cristiano. è stato fatto notare come la simbologia di questi animali assuma una valenza positiva o negativa a seconda che essi si trovino a sinistra o a destra della Croce. Ecco dunque la scimmia, il porcospino, l'istrice, la donnola, la civetta, il fagiano, la colomba, il cuculo, ognuno con i loro significati particolari; cui si aggiungono, negli interspazi della volta, altri animali simbolici: il cavallo, la capra, la cicogna, il gatto, la leonessa e il leone). Come nelle Cronache di Narnia di C. S. Lewis (pensiamo al leone Aslan e al topo Ripicì) anche gli animali hanno la loro parte nel piano della salvezza. Gesù Cristo "centro del cosmo e della storia" abbraccia microcosmo e macrocosmo, l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande.