Blog - 10 marzo 2021
Due grandi fotografi: Pepi e Pino
Voglio ricordare due grandi fotografi amici mancati a un mese di distanza l’uno dall’altro: due febbraio, due marzo. Due fotografi “di montagna” ma con storie e vocazioni diverse. Pepi Merisio bergamasco, classe 1931 fotoreporter di Paolo VI ma anche attento scopritore delle forme della civiltà rurale delle sue montagne. Pino Veclani di Ponte di Legno, classe 1945, originario di Pezzo, ottico e fotografo da tre generazioni, attento conoscitore della montagna e dei suoi cicli, ma anche scalatore e testimone di scalate dai ghiacciai dell’Adamello alla Presanella, è stato fotografo del Giro d’Italia e di Giovanni Paolo II. Pepi e Pino. Li accomuna un nome importante: Giuseppe. Ambedue avevano la discrezione e la forza calma e umile di san Giuseppe. Artigiani della macchina da presa quando era tutta meccanica, questione di scatto, di diaframma, di giusta sensibilità della pellicola fatta di gelatina e a bromuro d’argento. Con il bianco e nero, tutto era ridotto all’essenziale, pura cronaca, pura poesia, e si vedeva la gande regia che in Pino e Pepi non è mai mancata.
Ho avuto modo di frequentare in modo discreto ma continuativo, stagionale, Pino Veclani per oltre cinquant’anni nel suo negozio di ottico e fotografo al centro di Ponte di Legno. A ben pensarci ho comprato cose varie da lui come un esposimetro, un orologio da montagna, ma anche gli ho chiesto la riparazione di alcne macchine fotografiche e dei consigli: dove non poteva intervenire di persona Pino, con molta modestia, mi mandava a Milano da chi mi consigliava lui. All’inizio non sospettavo che dietro quella sua modestia, si nascondesse quel grande fotografo che poi Pino mi si è rivelato attraverso le sue foto e pubblicazioni. Quando ho scritto un libro sulla montagna ho potuto attingere senza limiti al suo archivio e mi sono meravigliato di quanta bellezza nascondesse. Di lui poi mi hanno sempre colpito le gigantografie, esposte a Ponte di Legno per nascondere i ponteggi dei vari lavori in corso. Immagini perfette a ingrandimenti impossibili. Un’immersione da streeet art. La montagna nella montagna. Geniale. Ti portava via e andavi a contare i fiori, uno ad uno, intorno alle sponde del lago Nero del Gavia, una macro di fiori senza muovere un passo.
Di Pepi Merisio ricordo la bella casa alla periferia di Bergamo, una casa antica col giardino e soprattutto l’archivio di fotografie. Anche Pepi ha pubblicato libri bellissimi, tra cui “Quasi in lieto giardino” mi è molto piaciuto perché, per ogni regione italiana, a un paesaggio fotografato ha accostato un testo di un poeta di quella stessa regione. Di Pino ricordo invece il volume “Cascate di luce”, anche qui pura poesia tradotta in immagini. Inutili le parole, i titoli, gli aggettivi. Domina il silenzio delle immagini che – si vede – sono vibrate nell’occhio del fotografo e poi, quasi per osmosi, attraverso la carta riversate nella nostra retina. Ancora di Merisio ricordo una mostra tra le tante, al palazzo della Regione Lombardia, il Pirellone. Ogni scatto, rigorosamente in bianco e nero, è un quadro. Tra tutti i “quadri”, quello dei bambini che fanno il girotondo vicino a un albero non si dimentica.
Pepi e Pino. Due pennelli diversi di luce, due fiotti intensi e controllati dal diaframma, dall’inquadratura, dallo scatto che dimostra come la fotografia, soprattutto in bianco e nero, sia stata l’arte del XX secolo. Ed è interessante notare che, quando entrambi invece del b/n usano il colore, lo fanno in sottotono, senza esasperare le cromie, con quella dolcezza tutta italiana dell’arte pittorica. Una cromia che è quasi un bianco e nero, e che poco concede al colore. Dietro le loro macchine fotografiche (Zeiss, Rolleiflex, Hasselblad, Leica, Nikon, Canon) quello che conta è stato lo sguardo, e dietro lo sguardo il pensiero, la volontà, lo stupore di fronte al soggetto. E ancora l’amore, la passione per il proprio lavoro. E poi il rigore. La pulizia. Non una sbavatura, una sciatteria, una casualità, un ripensamento. Scegliere solo il meglio. Avere il meglio da scegliere. Chi non ha non da niente. Chi molto ha molto può dare. Pino e Pepi son stati ricchissimi di tutte le doti che fanno il buon fotografo, ma anche e soprattutto che fanno l’uomo buono. L’uomo buono, il buon fotografo, che guarda solo il bene, ha occhi solo per il bello, non si attarda nel torbido ma cerca quell’unica cosa che fa la fotografia: la giusta luce.
Pino e Pepi ora sono nella Luce. Una luce piena, totale. Una luce libera da quei diaframmi che ci costringono a filtrarla, qui su questa terra, per evitare di esserne accecati. Ecco. A noi hanno entrambi regalato una luce garbata, come i loro animi. Una volta Pepi mi ha prestato le sue foto per un libro di poesie, senza condizioni. E Pino quando mi ha chiesto un’introduzione al suo libro “Cascate di luce” senza controllare neppure una parola di quanto scrivevo per lui. Libertà, fiducia, amicizia. Ecco, di fronte a uomini così ci si sente a casa. E quella loro “casa” ci manca. Hanno fissato i loro cavalletti in tutte le direzioni per fare del mondo la nostra casa comune. Frammenti di bellezza, scaglie di luce in Veclani. E in Merisio la morbida naturalezza di uomini e donne e bambini impegnati nei mestieri dei campi, della stalla, della bottega e delle prime fabbriche del secolo scorso.
Molto superficialmente si potrebbe dire che Merisio è stato il fotografo della storia e Veclani il fotografo della natura. Il fotoreporter e il poeta. L’ottico e il giornalista. Ma non è vero. I ruoli si invertono in chi è veramente grande. Henry Cartier Bresson fermava l’attimo e lo trasformava in storia. Così un volto di Merisio o un paesaggio di Veclani si saldano in un’unica filosofia di visione. Quando Pino ferma l’attimo di una nuvola o di un torrente di montagna lo trasforma in storia, in quanto fatto irripetibile, documentato, condivisibile da tutti. Storia e natura nei grandi fotografi si danno la mano. A noi restano non solo le loro fotografie da rivedere, rileggere, ripensare. A noi restano soprattutto i volti di Pino e Bepi aperti alla Luce piena, come fiori nel Mattino.