Blog - 03 aprile 2021
Lo so c’è la pandemia. ma un bacio a Gesù si può dare
Entro in chiesa, è Venerdì santo, le tre del pomeriggio, l’ora in cui Gesù muore in croce. All’ingresso, al centro della navata, il Crocifisso è disteso su un tavolino. Mi avvicino, penso “non si potrà toccarlo per il covid”, così alzo solo la mano alla fronte per segnarmi. Una voce mi ferma: “non si può toccare!” Mi giro e con la mano ancora alzata chiedo: “posso fare il segno della croce?”. “Sì”, risponde la signora con un sorriso. Mi segno. Lo guardo. È bellissimo. Vado a sedermi. Lo so. Lo sapevo. Ora non potrò inginocchiarmi. Lo so. Mi siedo sulla panca nel posto segnato. Davanti al tabernacolo vuoto, davanti alla casa di Dio tra gli uomini, mi chiedo: ma come, Dio si fa uomo e io non posso toccarlo? Siamo tutti malati, potenzialmente infetti da questo virus? Bene: “Dalle sue piaghe siamo stati guariti”. Ma come, se non possiamo toccarlo? Chi non ha peccato? Siamo tutti nei peccati e lui ci guarisce (nell’anima e nel corpo) col suo corpo e il suo sangue offerti per noi. Si è fatto uomo per questo. L’emorroissa gli ha toccato il mantello ed è guarita. Il contatto guarisce, ma sappiamo che oggi con il virus pandemico non si può.
Intanto, davanti a questo sepolcro vuoto, mi vengono in mente tanti piccoli, insignificanti episodi, capitati in questo strano anno e mezzo di pandemia. Quando, per esempio, l’anno scorso, sono arrivato al mare in Sardegna con figli e nipoti dopo mesi di forzata chiusura. Entro pieno di entusiasmo nella solita pizzeria dove mi conoscono. Saluto, sorrido alla padrona e le chiedo come sta. Il locale è vuoto, siamo soli e a qualche metro di distanza. Mi guarda truce e turbata e, senza nemmeno rispondere al saluto, mi fa uscire perché non ho la mascherina. Più o meno la stessa accoglienza la prima volta che torno, dopo tanti mesi, con il solito entusiasmo nella solita osteria qui a Giussano, dove causa covid manco da tempo. Ho prenotato prima al telefono, mi assicuro di avere la mascherina sul volto, entro con l’ansia di essere in ritardo, e l’oste mi manda fuori in malo modo: “lei entra quando glielo dico io!”.
Lo so. Siamo tutti nervosi. Lo so. Ma sono mesi che non posso andare a prendere i miei nipoti a scuola o all’asilo. Crescono e non posso vederli crescere giorno per giorno. Tutta la loro famiglia ha il virus. Lo so. Per vederli mi presento sul pianerottolo di casa a cinque metri dalla porta, prima suono e poi mi allontano e li saluto da distanza di sicurezza. Vedo che i bambini, mi guardano da lontano, siamo due mondi in rotazione diversa, due ritmi, due biologie. Mi passano i sacchi di roba da buttare e io li ritiro con guanti e mascherina. Roba radioattiva? No, ma ci sono regole ben precise di smaltimento. Pure il portinaio si lamenta con me. Lo so.
Ritorno dalle mie divagazioni al tabernacolo vuoto, sono “in presenza” dell’Assente. È Venerdì santo e Gesù è deposto nel sepolcro. Penso che, grazie a Dio, qui nella Sua casa ce la siamo cavata bene: la Messa tutte le domeniche, grande cura nei particolari, donne che a turno puliscono e volontari che coordinano gli ingressi. Se fossero capaci di gestire così teatri e sale da concerto anche questi spazi, così utili allo spirito, potrebbero riaprire in sicurezza. Qui in chiesa il corpo di Cristo l’abbiamo ricevuto sempre, dopo quei primi mesi in cui temevamo di perderlo. E forse ci stiamo già abituando a questa cosa inaudita che è tenere tra le dita Gesù.
Insomma, qui in chiesa la pandemia non regna. La puntualità del servizio d’ordine ha retto, i volontari sono veri angeli che quando entri ti salutano cordialmente. Anche le confessioni sono molto curate: ieri il prete mi dice: “c’è uno schermo di plexiglass tra di noi, si tolga quella mascherina!”. Che bella frase. Come a Lazzaro: scioglietegli le bende e fatelo venire fuori! E cosa c’è di più bello di liberarsi dai propri peccati a viso scoperto, e a piene labbra sussurrare: “O Gesù d’amore acceso”? In fondo, se non era per quella signora che mi ha fermato davanti al Crocifisso, tutte queste riflessioni non le avrei fatte. Alla fine della liturgia del Venerdì santo ci siamo messi in fila per onorare il Crocifisso. E il parroco ha precisato: “quando siete davanti a Gesù, potete mandargli un bacio”. A distanza.