Blog - 23 dicembre 2022
La divina sproporzione del presepio
Il presepio è nato “vivente”, con i suoi figuranti, uomini e donne e bambini che a Greccio, nell’anno del Signore 1223, sotto l’impulso di Francesco d’Assisi mettevano in scena per la prima volta la sacra rappresentazione della Natività. Presepe vivente, fatto di attori improvvisati, gente comune, interpreti di una storia che piano piano da profana, magari non-religiosa, diventava sacra davanti a quella grotta in cui Dio si faceva uomo. Così sacro e profano si univano secondo l’etimologia stessa della parola “profano” che, dalla radice latina “pro-fanos”, significa semplicemente “stare davanti al luogo sacro”, la grotta appunto, il santuario, il tabernacolo della presenza di Dio. Qualche anno dopo, tra il 1295 e il 1299, Giotto di Bondone, nelle sue storie francescane ad Assisi, ambienta all’interno della stessa Basilica superiore di Assisi il miracolo della Natività di Greccio.
Da quel momento si moltiplicano i dipinti che hanno come tema il Presepe e la Natività, vedi l’affresco di Pinturicchio del 1501 nella cappella Baglioni a Spello. Nasce tra il popolo il bisogno di rendere stabile nel tempo, in casa o all’aperto, in una piazza o in una chiesa, la memoria visiva, plastica, tridimensionale di quel fatto eccezionale. Nasce il primo presepio artistico, fatto di statuine di terracotta e fondali di cartapesta. Suggestivi paesaggi ricostruiti in miniatura, monti e pianure, villaggi e ruscelli, palme e laghetti, in un crescendo di luci e suoni, colori e armonie, in cui si muovono pecore e agnelli, buoi e cammelli, umane presenze e celesti irruzioni di angeli.
Oh, meraviglia! Una sinfonia silenziosa, una festa per gli occhi, una fonte a cui attinge desideroso lo spirito, in un tripudio di popolo orientato verso la grotta del Bambin Gesù. Nasce il classico presepio napoletano che raggiunge nel Settecento il suo apice artistico, “o presepe” ambientato nei vicoli della città partenopea, microcosmo dove, dalle finestre delle case, tra mura sgretolate, vecchi cortili e balconi in ferro battuto pendono salumi, trecce di aglio e peperoncino, verdure e panni; e si affacciano madri e bambini nel vicolo sottostante, dove canta la sega del falegname, e il vinaio panciuto versa il suo vino negli otri.
Tra una casa e l’altra, dallo scorcio di un sottarco, si accende una stella mentre il giorno scolora. Si fa buio su quel mondo in attesa, e nel silenzio profondo una fontanella canta, argentina. Riparte il ciclo completo dalla notte e del giorno in un sapiente gioco di luci e ombre, finché all’alba appare il Bambino con Maria sua madre e Giuseppe. E mentre aspettiamo che si compia un altro ciclo di luce e di ombra, di notte e di giorno, la mente si ferma e l’anima prega. Magia del Natale!
Ma, sempre a Napoli, nel famoso vicolo dei presepi, in san Gregorio Armeno, imbarazzanti presenze inquinano il nostro presepio. Si tratta di personaggi che nulla sembrerebbero avere a che fare con il presepio e il suo significato. Accanto alla grotta del Bambino, sul banco dei venditori, appaiono le classiche statuine delle top-ten del villaggio globale, del peggiore kitsch popolare, come l’effigie di Maradona, di lady D., della regina Elisabetta o di Silvio Berlusconi. Sembra una profanazione del presepio. Eppure, queste presenze profane (“davanti al sacro”, dunque) non sembrano troppo turbare l’atmosfera di religioso silenzio del presepe. Per contro, anche nel campo del religioso, ci sono amici che introducono statuine estranee, di senso opposto, forse più appropriate, come padre Pio, Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta, santi indiscussi ma fuori dal contesto storico della natività.
Il presepe però, e sembra cosa strana, ha la capacità di accogliere tutti e tutto. Si adatta non solo alle incoerenze tra i personaggi che le statuine rappresentano, ma supera anche quelle sproporzioni che spesso ci sono tra statuine di diversa epoca, stile, provenienza e che potrebbero dar fastidio all’occhio. Spesso un angelo o una pecora sono troppo grandi, un cammello sovrasta un uomo anziano o una donna col bambino che sembrano usciti dal paese di Lilliput. Sproporzioni che raccontano storie di generazioni che via via hanno ereditato le statuine, sostituendole o aggiungendone di nuove. Ma il Divino Bambino attira a sé ogni dimensione, tutto “ridimensiona” in una magica, affascinante prospettiva, tutto abbraccia e comprende, così come comprende e accetta noi, profani davanti al sacro.
Gesù nasce ogni anno per tutti noi, qualsiasi sproporzione fisica o spirituale ci affligga. Altrimenti a cosa servirebbe il Natale? I personaggi del presepe ogni anno saltano fuori dalla carta di giornale e dal buio dei solai per raccontarci la loro storia antica e nuova. Non importa se qualcuno è un po’ ammaccato o fuori misura. Non siamo anche noi un po’ come quei politici, regnanti o calciatori che nel presepio ci sembrano – e continuano a sembrarci – davvero fuori posto? Ma nel presepio c’è posto per tutti, il presepe è l’unico luogo dove tutti gli uomini, senza distinzione, possono all’unisono con gli angeli cantare: Pace!