Blog - 28 maggio 2023
La creazione delicata e il bisogno di tenerezza
C’è bisogno di tenerezza, verso noi stessi, l’ambiente, le cose. “La creazione delicata” è il titolo di un libro degli anni 70 di Christopher Derrik poi ripreso da Riccardo Cascioli in un convegno “La creazione delicata. Custodi del creato o guardiani dell'ambiente?”, E in quel “guardiani” suona il campanello dall’allarme per il rischio che stiamo correndo di creare una nuova dittatura fondata sull’ideologia verde. Invece c’è bisogno di tenerezza, gli uni per gli altri. Siamo tutti fragili, delicati. Ci basta un niente per soccombere. E la fragilità della nostra condizione umana richiedere un approccio non ideologico e violento con la vita, richiede un mettere le persone prima delle cose.
Nell’ideologia verde non c’è posto per l’uomo, come dimostra ciò che è avvenuto a Torino sabato scorso al Salone del libro, quando Eugenia Roccella, Ministro della famiglia e delle pari opportunità, ha tentato di proporre un suo romanzo sulla vita di una famiglia “radicale” (l’autrice ha queste origini) e le è stato impedito di parlare, - non di “fare un comizio politico” ma semplicemente “raccontare” il suo romanzo. Si parla di dialogo ma parlano solo loro, i contestatori. Ragazze di buona famiglia, probabilmente mantenute agli studi universitari dai genitori, gridano con arroganza che la Roccella impedisce loro di abortire. Lei invita i contestatori a salire sul palco ma sono solo loro a fare il “comizio”: proprio quello che non volevano che la ministra tenesse. Con tenerezza Eugenia Roccella, dopo qualche tentativo di parlare, si allontana, rinuncia. È la lezione della non violenza di Ghandi. Ci vuole dolcezza e la faccia dell’autrice censurata ne irradia. Ci vuole tenerezza. Soprattutto verso quella ragazza che si sente impedita ad abortire senza essere nemmeno incinta, senza nemmeno sapere cosa voglia dire portare una vita in grembo, senza sapere che sofferenza sia per una donna, per ogni donna, perdere un figlio.
“Emblemi di un’età di violenza” è un altro titolo degli anni ’60, una raccolta di poesie ambientate a New York e di una modernità sconvolgente, scritte dal monaco americano Thomas Merton, autore del best seller “Nessun uomo è un’isola”. Anche qui a tema la violenza, una scia, una serpe che da quei lontani Anni ’60 si è insinuata fino ai nostri anni.
Ci vuole tenerezza anche per i ragazzi di Nuova Generazione che si lasciano portare via dalle forze dell’ordine a peso morto e con sorriso ironico dall’ennesima fontana di Roma imbrattata di nero. E che, ultima trovata dopo l’alluvione romagnolo, si spalmano interamente di fango con autentico cattivo gusto, come se non ce ne fosse già abbastanza di fango in Romagna e per dire la solita cosa: che l’uomo è colpevole e la natura innocente.
Ci vuole tenerezza anche per loro e per tutta la Romagna andata sott’acqua. Forse più vasche di decantazione già programmate e stanziate dai fondi nazionali avrebbero salvato vie umane, stabilimenti e vigne, frutteti e case. Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Il governo è andato loro incontro con tenerezza e l’abbraccio Bonaccini-Meloni è stato forse il seme di una nuova rinascita italiana, non più nel segno dell’odio ma della tenerezza. Ne abbiamo bisogno. L’odio indurisce le vene. La creazione è delicata, noi siamo fragili creature e non sappiamo bene, per esempio, se sia meglio alzare gli argini dei fiumi o abbassarli. In questi giorni ne abbiamo visti rompere di argini per far defluire le acque, ma anche innalzare per convogliarle. Certo è che il terreno, duro per la siccità e il continuo asfaltare ogni angolo libero di terra, fa sì che le acque non vengano assorbite.
La creazione è delicata e la popolazione umana non sopporta questo irrazionale raddoppio della popolazione degli orsi in un territorio così limitato e impreparato come il Trentino della val di Rabbi e della val di Non. Raddoppio che ha provocato un primo attacco a un padre e a un figlio e poi un secondo, questa volta mortale, a un giovane che correva su una strada sterrata agibile a tutti. Gli ambientalisti tirano in ballo si tratti di una reazione in difesa dei cuccioli, ma dove era segnalata la loro presenza e perché così vicino all’habitat umano? Veniamo da epoche storiche come il medioevo dove la terra era ricoperta di un fitto manto di foreste, insidiate da orsi e lupi. Poi è venuta la civiltà contadina e montanara, splendida nei suoi alpeggi e nei suoi prodotti caseari. Ora, senza preparazione alcuna, il bosco fa ancora paura e no sappiamo come affrontarlo. L’habitat umano si riduce e i “veri ecologisti” – gli uomini degli alpeggi – rischiano di sparire. Resteranno orsi e lupi? Avanzerà di nuova una natura incontrollata?
Dov’è la tenerezza verso gli esseri umani? Perchè prima di inserire un numero insostenibile di pericolosi animali non si fanno corsi di etologia per imparare come comportarsi con questi enormi plantigradi, ammesso che ciò sia possibile? Che tenerezza quel povero ragazzo che correva! Tenerezza che gli ecologisti, nel loro strabismo, rivolgono solo agli orsi per paura che venga loro fatto del male. Irragionevole disinteresse e distrazione verso l’umanità di cui anche loro fanno parte. E odio ontologico verso l’opera dell’uomo, a cui si addossa comunque ogni colpa, mentre se ne godono tutti i vantaggi. L’amore per gli animali e le piante? Certo: la tenerezza per questa delicata creazione che ci è stata affidata. Le piante, gli animali, i fiumi e i mari, il paesaggio tutto formano l’habitat, la più bella casa per l’essere più fragile e indifeso: l’uomo.