Vincent van Gogh, Pastore con gregge (1884)

Gabriele D’Annunzio
Pastori

Settembre. Andiamo è tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzo i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare,
vanno verso l’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti alpestri
ché sapor d’acqua natia
rimanga nei cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
Oh voce di colui che primamente
conobbe il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral
cammina la greggia.
Senza mutamento è l’aria
e il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci rumori,
ah perché non son io coi miei pastori?

“Sapor d’acqua natia / rimanga nei cuori esuli a conforto”. Settembre è il tempo della nostalgia e del ritorno, sentimento che Gabriele D’Annunzio (1863-1938) prova per la sua terra natia, l’Abruzzo. Così lui che è il “vate d’Italia”, vorrebbe essere coi “suoi pastori”, vorrebbe vivere la loro stessa vita semplice, in particolare partecipare alla transumanza, camminando dietro al gregge verso il mare. Un mare “selvaggio” che è verde come i pascoli alpini, e verso cui l’esule D’Annunzio cammina col pensiero, portando dentro come un viatico – per “ingannare la sete” – la frescura delle fonti del Gran Sasso o della Maiella.
D’Annunzio ama poi sottolineare come il pastore per incalzare le pecore lungo il viaggio si è intagliato un bastone nuovo – verga d’avellano – in un ramo di nocciolo (le avellane sono le nocciole). E anche in quel bastone c’è una promessa di vita nuova che l’autunno porta con sé.
Il poeta poi ripete all’inizio e alla fine l’espressione “i miei pastori” come se la sua e la vita dei pastori si appartenessero a vicenda. Settembre diventa la stagione del ritorno a casa, alle virtù domestiche, al respiro di una terra aspra e bellissima che lo attende.
Anche per noi in autunno è “tempo di migrare”, di cambiare vita, di spostare il baricentro della nostra vita più in basso, nel profondo, sulle rive del tempo. Lungo il mare dove dove pascolano le greggi e il loro pelo si confonde con il colore della sabbia: “il sole imbionda la viva lana”.